LA DONNA E IL SOCIALISMO

1
August Bebel . 1883 . ediz.1905
arteideologia raccolta supplementi
made n.21 Dicembre 2023
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
9
pagina
LA DONNA NEL PRESENTE . 10 . 1

[società moderna e aumento del desiderio di godere la vita ]

 Nella società umana tutti gli individui sono legati con mille fili e in modo tanto più molteplici, quanto più alto è il grado di cultura di un popolo. Se vi subentrano perturbazioni, queste si fanno sensibili a tutti i membri. Le perturbazioni nella produzione influiscono sulla distribuzione e sulla consumazione e viceversa. Il segno caratteristico della produzione capitalistica è il concentramento dei mezzi di produzione in campi sempre più estesi di produzione.
Nella distribuzione si nota invece un dato opposto. Chi, come produttore, viene eliminato dalla concorrenza e dalle file delle esistenze indipendenti, nove volte su dieci cerca d'intromettersi come mediatore fra produttore e consumatore per assicurare la sua esistenza.
Di qui l’aumento sorprendente dei mediatori, dei commercianti, degli agenti, degli osti, ecc., come è stato provato sopra con la statistica. La maggior parte di queste persone, tra cui si contano le donne proprietarie indipendenti di negozi, conduce per solito una vita di preoccupazioni e meschina. Molti per sostenersi sono obbligati a speculare sulle più basse passioni umane e favorirle, quindi la sovrabbondanza della reclame, specialmente in ciò che è intesa a soddisfare i sensi.
Ma non si può negare – e da questo punto di vista più alto è consolante – che nella società moderna si faccia notevole il desiderio di godere la vita.
Gli uomini cominciano a concepire che per essere uomo bisogna vivere da uomo, e cercano di soddisfare questo bisogno nelle forme che corrispondono al loro concetto del godimento della vita.
Nella forma della sua ricchezza la società è diventata molto più aristocratica di quanto tosse un tempo.  Fra i più ricchi e i più poveri la differenza è oggi più grande di quanto sia mai stata, mentre al contrario nelle idee e nelle leggi la società è diventata molto più democratica.[1]

[falsificazione delle merci e delle misure ]

La massa chiede maggiore uguaglianza e, poiché nella sua ignoranza non conosce le vie per raggiungerla, cerca di pervenirvi tentando di mettersi alla pari di quelli che stanno più in alto e di procurarsi ogni possibile godimento. Tutti i mezzi possono essere buoni per appagare questa tendenza e le conseguenze dànno non poco da pensare.
Una lecita aspirazione può condurre a una quantità di errori ed anche di delitti e la società, a suo modo, reagisce contro di essa senza cambiare menomamente le cose. L’aumento dei mediatori è fonte di molti inconvenienti. Benché molti di questi lavorino alacremente, è nondimeno una classe di parassiti improduttivi che vive dei prodotti del lavoro altrui, come la classe degli intraprenditori. Il rincaro dei viveri è la conseguenza inevitabile della mediazione e spesso è tale da raddoppiare il prezzo che il produttore ne ricava.[2]
Ma se non si possono rincarare le merci, perché avviene una limitazione del consumo, vengono allora artificialmente alterate.
Si ricorre all’adulterazione dei viveri, alla falsificazione delle misure e dei pesi a fine di ottenere il guadagno altrimenti impossibile. Il chimico Chevallier riferisce che fra le diverse specie di adulterazione dei viveri egli ne conosceva 32 per il caffè, 30 per il vino, 28 per la cioccolata, 24 per la farina, 23 per l’acquavite, 20 per il pane, 19 per il latte, 10 per il burro, 9 per l’olio d’oliva, 6 per lo zucchero, ecc. L’inganno principale viene perpetrato nei piccoli spacci, nella vendita delle mercanzie pesate alla lesta, dove si dànno ad esempio 9 once per 1 libra cercando di rifarsi doppiamente della perdita e del rinvilio.[3]
Il peggio è per gli operai e per la povera gente, che prendono le mercanzie a credito e devono quindi tacere pur vedendo apertamente l’inganno.
Anche nella vendita delle paste alimentari si fa grande abuso della falsificazione del peso. La mistificazione è collegata inevitabilmente con le nostre condizioni sociali e certe istituzioni, come le forti imposte dirette e i dazi, che aumentano la frode e l’inganno. Le leggi contro l’adulterazione dei viveri hanno poco effetto. La lotta per l’esistenza obbliga ad usare mezzi sempre più raffinati, ed un controllo severo può difficilmente esser messo in pratica. Col pretesto che, per scoprire le falsificazioni, è necessario un organamento amministrativo caro e complesso, (ciò che è giusto) sotto il quale soffrono anche gli affari legittimi, ogni controllo serio viene eliminato.  Se invece le misure di controllo agiscono seriamente, allora dànno luogo ad un considerevole rincaro dei prezzi, perché il prezzo basso è solo possibile con la falsificazione della merce.

[ organizzazione del consumo e superamento del commercio e delle misure ]

Per rimediare a questi inconvenienti, per soffre da per tutto più duramente il popolo, si sono istituite società di consumo, specialmente in Germania.
Questo sistema di cooperativa per i militari e gli impiegati ha raggiunto una tale importanza da rovinare numerosi commercianti. La superfluità della mediazione in queste cooperative è il più grande vantaggio che abbiamo, insieme col fatto che forniscono merci genuine.
I vantaggi materiali per i soci non sono considerevoli né le facilitazioni sufficienti per procurar loro un grande miglioramento di condizione. Qualche volta anche l’amministrazione è difettosa e i soci ne hanno la peggio. Nelle mani degli intraprenditori le cooperative diventano anzi un mezzo per legare gli operai alle fabbriche o si utilizzano per ribassare il salario. Ma la fondazione delle cooperative è un sintomo che nei circoli più estesi si è riconosciuta la superfluità della mediazione nel commercio. La società giungerà infine ad un organamento che renderà superfluo il ceto dei commercianti, perché i prodotti saranno trasportati da un luogo all'altro e andranno in possesso dei consumatori senza altri intermediarii se non quelli che esigono il trasporto e la distribuzione.
Dopo aver ottenuto i viveri, vi sarebbe anche la necessità di ottenerne la confezione in grande, ciò che costituirebbe un notevole risparmio di forze, di spazio, di materiale e di fatiche di ogni specie.

[il capitale se ne va in campagna ]

La rivoluzione economica della nostra industria e dei nostri rapporti commerciali è penetrata anche nelle campagne, ove si fanno sensibili le crisi commerciali e industriali. Centinaia di migliaia di campagnuoli sono stabilmente occupati negli opifici industriali delle più diverse specie. Questo genere di occupazione si estende sempre più ed una delle ragioni è che il gran numero dei piccoli possidenti campagnuoli non ha sufficiente occupazione per sé e per i dipendenti, poiché i grandi proprietari trovano utile convertire la parte principale dei prodotti del suolo anche su i loro propri beni in prodotti industriali.
Risparmiano così le forti spese dei prodotti greggi, per esempio delle patate e dei grani per lo spirito delle barbabietole per lo zucchero, dei grani per le farine o per la birra, ecc. Hanno inoltre la possibilità fare entrare un certo scambio fra la produzione agricola e l’industriale, e possono meglio approfittare delle forze lavoratrici esistenti che sono anche più a buon mercato che non in città e nei distretti industriali. Anche i fitti sono meno cari e le tasse minori, perché i proprietari in campagna sono per così dire al tempo stesso legislatori ed esecutori della legge; essi mandano dai loro centri numerosi deputati ed hanno in mano il servizio di polizia.
Queste sono le ragioni per cui il numero delle officine a vapore aumenta ogni anno in campagna. L’agricoltura e l’industria si uniscono in rapporti reciproci sempre più intimi, vantaggio di cui profittano in particolare modo i grandi proprietari campagnuoli.
Lo sviluppo capitalistico, che ha ottenuto anche in Germania il possesso di grandi terreni, ha creato condizioni simili a quelle dell’Inghilterra e degli Stati Uniti. In campagna non regnano più quelle condizioni ideali che esistevano ancora pochi decenni fa.
La civiltà moderna si è estesa a poco a poco fino negli angoli più remoti delle campagne, dove il militarismo ha esercitato, non volendo, un’influenza sovversiva. Le conseguenze del grande aumento dell'esercito permanente si aggravano in special modo sulle campagne. Una gran parte del personale dell'esercito viene sottratta alla popolazione campagnuola. Ma quando il figlio del contadino, il bracciante, il garzone tornano dopo due o tre anni dalle città e dalle caserme, impregnate non certo di alta moralità, hanno cominciato a conoscere molte nuove idee e nuovi bisogni di cultura che vogliono soddisfare ancora in avvenire. Per arrivare a tanto chiedono in prima linea mercedi più elevate; l’antica morigeratezza andò perduta in città. Ovvero essi preferiscono rimanere addirittura lontani dalla campagna, dove non riescono a ricondurli tutti i tentativi delle autorità militari.
I mezzi di comunicazione sempre più estesi e perfezionati contribuiscono ugualmente ad aumentare i bisogni nelle campagne. Con i rapporti con le città il campagnolo
impara a conoscere il mondo da un lato affatto nuovo e più attraente. Egli concepisce idee e bisogni di cultura fino allora affatto sconosciuti che lo rendono scontento della sua prigionia. Le esigenze sempre maggiori, come si fanno sentire dallo Stato, dalla provincia, dal comune, così agiscono sul contadino e lo rendono ancor più ribelle. Si aggiungono poi altri argomenti importantissimi.

[l’agricoltura europea e germanica dopo il 1879 ]

L'agricoltura europea, soprattutto la germanica, è, dopo il 1879, entrata in una nuova fase di sviluppo. Mentre fino allora i popoli si erano limitati ai prodotti della propria agricoltura o, come in Inghilterra, a quella dei paesi vicini (Francia e Germania) in seguito cambiò la situazione.
A causa del grande miglioramento dei mezzi di comunicazione (navigazione, costruzione di ferrovie nell'America Settentrionale) s’iniziò l’importazione dei viveri in Europa facendo ribassare i prezzi del grano di modo che la coltivazione delle principali specie di granaglie nell’Europa centrale e meridionale cominciò a diventare meno profittevole, a meno che non fossero cambiate le condizioni di produzione. A ciò si aggiunse il fatto che il campo della produzione internazionale delle granaglie s'ingrandì considerevolmente.
Oltre il grano della Russia, che cercava di aumentarne l’esportazione, comparve sul mercato il grano dell'Argentina e dell'India. Un altro argomento sfavorevole› si aggiunse con la fuga dalle campagne dei piccoli contadini e degli operai campagnuoli, i quali, incitati dalle nazioni sopra accennate, o emigravano al di là dell’Oceano, o si riversavano in massa nelle città e nei distretti industriali, in modo che in campagna mancarono le forze lavoratrici. Le antiche condizioni patriarcali non più adatte, specialmente nell'oriente della Germania, i maltrattamenti e la condizione di quasi schiavitù dell'operaio campagnuolo aumentavano l'esodo dalla campagna. In quale misura si sia manifestata in campagna la perdita per emigrazione (per esempio dal 1841 al. 1890) è dimostrato dalle province prussiane orientali e occidentali: la Pomerania, la Posnania, la Slesia, la Sassonia, lo Schleswig Holstein, l'Annover e l'Hoenzollern che perdettero 3.901.700 persone; e nell'istessa epoca la Baviera, il Wurtemburg, il Baden, l'Assia e il Mecklemburg ebbero una perdita di 1.984.700 persone.
Al contrario Berlino nell'istesso periodo di tempo ebbe un aumento d’immigrazione di 998.600 persone.
A questi cambiamenti si unì il fatto che l'economia cominciò a soffrire per mancanza di capitali e che lo sviluppo, che prima esisteva e che aveva per iscopo che i grandi possidenti comprassero le possessioni medie e le piccole e le incorporassero, diede così luogo più volte ad una tendenza opposta.
Però questa oppressione ebbe anche per conseguenza che il carattere degli intraprenditori delle campagne si cambiasse a poco a poco perché riconobbe che non si poteva andare avanti per le vie consuete e che si trattava di muoversi ed iniziare nuovi sistemi economici.
Il regno e gli stati isolati si adoperavano di aumentare la «posizione difficile delle campagne» con dazi, scambi e con grandi sforzi intesi a tutti i possibili scopi a spese della comunità. Specialmente le possessioni medie e le grandi, amministrate in conveniente maniera, possono essere rimesse in attività.

[la macchina va in campagna ]

Se l’agricoltura deve prosperare è necessario venga diretta da una società dominata dal capitalismo. Si tratta qui, come nell'industria, di sostituire alle forze lavoratrici le macchine e la tecnica più perfetta. Come ciò avvenga in misura sempre maggiore è provato dalla Prussia, dove nel periodo dal 1879 al 1897 nelle campagne il numero delle macchine agricole è aumentato da 2.731 con 24.000 cavalli di forza a 12.856 macchine con 130.000 cavalli di forza. Ciò in confronto a quello che si potrebbe ottenere con le macchine agricole è ancora assai poco e prova da un lato, quanto siamo ancora arretrati nell'industria agricola, dall’altro, che tanto la mancanza di mezzi, quanto l’insufficienza del terreno lavorato dai singoli individui ha reso finora impossibile l’applicazione delle macchine.
La macchina, se dev'essere sfruttata razionalmente, esige l’applicazione su terreno vasto, coltivato per una sola produzione.
A questo si oppone il gran numero dei possessi piccoli e mezzani con terreni molto divisi e culture di varie specie.
Nella tabella seguente vediamo in qual modo sia utilizzato il terreno nel regno germanico. La tabella è tolta dall’opera di Carlo Kautsky: Die Argarfrage (Stoccolma, 1897).
Tra i 5.558.317 possessi esistenti nel1895 non meno di 4.252.684 erano inferiori a 5 ettari = [al]76,8% della cifra complessiva dei possessi agricoli, che, se non vengono coltivati a giardini, o se non posseggono un terreno eccellente, offrono al coltivatore un'esistenza meschina. Una gran parte di essi non è nemmeno presa in considerazione essendovene 1.491.262 di un ettaro o meno di estensione.

Ma anche fra I possedimenti al disopra di 5 ettari se ne trovano molti, che per le proprietà sfavorevoli del suolo, o climatiche, o per cattiva posizione geografica, per mancanza di mezzi di comunicazione, ecc., anche con lavoro lungo e arduo offrono una esistenza ben meschina al coltivatore. Si può dire senza esagerazione che a nove decimi dei coltivatori del suolo mancano i mezzi e le condizioni per sfruttare il terreno come potrebbe essere sfruttato. E il contadino piccolo e il mezzano non ottengono il prezzo che potrebbero ricavare dai loro prodotti, poiché hanno da fare con mediatori che li tengono in pugno.

[il capitale, la rendita e l’illusione della piccola proprietà ]

Il commerciante, che compra a giorni o a stagioni fisse nelle campagne, e rivende ad altri commercianti vuole avere il suo profitto; l’accumulare diverse piccole quantità gli costa più fatica che prendere un solo carico da un grosso possidente. Quindi il contadino piccolo e il mezzano ricavano dalla loro mercanzia meno che il grosso possidente. E se per di più la qualità della mercanzia è scadente, ciò che avviene spesso per il modo primitivo di coltivazione che essi adoperano, debbono allora contentarsi di qualunque prezzo. Si aggiunga che il contadino, o il fattore, spesso non possono aspettare l'epoca nella quale il prodotto messo in vendita raggiungerà il maggior prezzo; hanno da pagare affitti, interessi, tasse; debbono restituire imprestiti, o saldare debiti contratti a scadenza con negozianti e artigiani; è necessario dunque vendere, sia o no favorevole il momento.
Per migliorare i terreni, o per soddisfare altri eredi, si prendono ipoteche, ma la scelta non è larga e così le condizioni non sono favorevoli. Vengono imposti al contadino forti interessi, scadenze fisse. Un cattivo raccolto, o una falsa speculazione del prodotto, dal quale si riprometteva un prezzo considerevole, lo conducono sull'orlo dell’abisso. Spesso il compratore dei prodotti del suolo e il mutuante del capitale sono la stessa persona, per cui il debitore è in potere del creditore. I contadini di intere borgate e distretti si trovano nelle mani di pochi creditori. Per esempio i coltivatori di luppolo, uva tabacco e legumi nella Germania meridionale e sul Reno e i piccoli contadini della Germania centrale. Il possessore dell'ipoteca li succhia a sangue, lasciandoli apparire possessori del terreno sul quale stanno, ma di cui di fatto non sono più padroni.
Ma il vampiro capitalista trova spesso molto più conveniente agire in questo modo che non appropriarsi il terreno per coltivarlo da sé, o venderlo. Così migliaia di contadini sono registrati nei catasti come possidenti, mentre non lo sono più.
Certo anche taluni possidenti di grandi terreni, che non hanno saputo amministrarli, o hanno avuto disgrazia, o hanno preso il possesso in condizioni sfavorevoli, cadono vittime di qualche capitalista senza coscienza. Questi diventa padrone del suolo e, per trarne profitto, lo divide in lotti perché ne ottiene un prezzo assai maggiore che se lo vendesse tutto intero. Inoltre egli ha la prospettiva di continuare la sua usura con migliore successo con un gran numero di piccoli possidenti. È noto come anche in città dalle case con piccoli appartamenti si ritraggono migliori entrate.
Il capitalista si attacca ad un numero di piccoli lotti e li acquista.
Il benefico capitalista è pronto anche a cedere contro piccoli acconti, grandi appezzamenti di terra per lasciare un’ipoteca a buon interesse sul resto. Se il piccolo possidente ha fortuna e gli riesce d’impiegare tutte le sue forze per ritrarre dal suolo una rendita possibile, o trova un prestito a migliori condizioni, allora si può salvare, altrimenti gli succede quanto abbiamo già detto.
 

[grandi e piccoli possidenti in Germania e Austria ]

E’ una grande disgrazia per il piccolo possidente, o per l’affittuario, se muoiono loro alcuni capi di bestiame, o se maritano una figlia. Le spese del corredo aumentano i debiti nel mentre perdono una forza lavoratrice a buon mercato. Se un figlio prende moglie richiede una parte del terreno o un equivalente in danaro. Spesso essi devono trascurare i miglioramenti necessari al terreno, se il bestiame non fornisce sufficiente concime – e questo è un caso frequente.
Il prodotto del suolo è allora scarso perché non possono comprare concime.
Non di rado mancano loro i mezzi per acquistare semenze migliori. L’applicazione vantaggiosa delle macchine è loro impossibile, come è spesso ineseguibile la rotazione agraria richiesta dalla natura chimica del suolo. Né possono approfittare dei vantaggi che la scienza e l’esperienza hanno saputo ritrarre dagli animali domestici.
La mancanza di pascoli, di stalle e di altre istituzioni adatte lo impediscono. Vi sono dunque molte ragioni che rendono difficile l’esistenza del possidente piccolo e del mezzano.
Diverso è il caso dei grandi possedimenti che sono in mano ad un piccolo numero di proprietari, ma comprendono vaste estensioni di terreno. Noi vediamo dalla statistica sopra accennata che la superficie di 25.061 possessi che hanno 7.831.801 ettari di terreno ha 2.747.000 ettari di vantaggio sui 4.252.685 possedimenti con una superficie inferiore a 5 ettari.
La statistica della coltivazione e quella dei possessi non corrispondono una all’altra. Nel 1895, per esempio, esistevano non meno di 912.959 possessi di tutte le estensioni, 1.094.251 aziende che possedevano in parte terreno proprio, in parte d'affitto, e 983.917 aziende amministrate sotto altre forme.
Alcuni possono al contrario chiamare propria una serie di aziende agricole. Il maggiore possidente della Germania è il re di Prussia che ha 85 possessi con 98.746 ettari di terreni. Dopo di lui vengono:
il principe di Pless con 75 possedimenti e 70.170 ettari;
il principe di Hohenzollern-Singmaringen con 24 possedimenti e 59.968 ettari;
il duca Ujest, con 52 possedimenti e 59.968 ettari;
il principe Hohenlohe-Oehringen , con … possedimenti e 39.742 ettari;
il principe Ratibor, con 51 possedimenti e 33.096 ettari.
In Russia nell'anno 1895 esistevano 1045 fidecommessi in un’area di 2.121.636 ettari, ovvero il 6,09% della totale estensione del paese.
I 1.045 fidecommessi si trovavano nelle mani di 939 possidenti e l’estensione di terra da essi abbracciata è più grande di 206.600 ettari del reame del Wurtemberg che possiede 1.915.000 ettari di estensione. I grandi possidenti e i mezzani sono naturalmente interessati alla conservazione dello status quo.
Diversa cosa è dei piccoli, che da una razionale trasformazione delle condizioni trarrebbero grande profitto. E’ nella natura delle cose che il grande possidente aspiri ad ingrandirsi sempre più e ad appropriarsi quanto più terreno dei contadini gli è possibile.
Così accade nella Slesia superiore, nel Lausitz, nel granducato d’Assia, ecc., contrade nelle quali vengono annunziate ripetutamente in gran numero compre di terreni di contadini.
In Austria si trovano possedimenti più grandi che non in Germania. Qui, con la nobiltà e la borghesia, la chiesa cattolica si è assicurata una parte principale del terreno e i contadini proprietari sono quali scomparsi.
Nella Stiria, nel Tirolo, a Salzburg, nell’Austria superiore e inferiore, nei monti Sudeti, si cerca con tutti i mezzi di cacciare i contadini dal suolo paterno e di convertire le loro terre in possessi signorili.
Lo stesso fatto che avveniva una volta ini Scozia e in Irlanda accade ora nelle più belle contrade dell'Austria.
Alcune società, per esempio, comprano enormi estensioni di terreni e ciò che nel momento non è da comprare è preso in affitto per essere convertito in territori da caccia.
L’accesso alle vallate, alle alture, alle borgate viene chiuso da nuovi padroni, ed i possidenti ostinati di alcune fattorie e cascine che si rifiutano di compiacere i signori vengono obbligati con ogni genere di cavilli a vendere le loro proprietà ai ricchi possessori di colline e di foreste. L’antico suolo coltivabile, sul quale per migliaia d’anni molte generazioni trovarono da vivere, è convertito in regioni selvagge dove albergano cervi e caprioli, mentre le montagne possedute dal capitalista, nobile e borghese, formano il soggiorno di grandi/mandrie di camosci. Interi comuni cadono in miseria perché si rende loro impossibile di portare il bestiame al pascolo delle alture, o se ne contesta loro il diritto. >

E chi sono quelli che attentano al benessere del contadino e alla sua indipendenza? Oltre Rothschild e il barone Mayer-Melnhof, i duchi di Goburgo e Meiningen, i principi di Hohenlohe, di Lichtenstein, il duca di Braganza, il principe di Rosenberg, di Pless, il conte di Schönfeld, di Festeties, di Schafgotsch, di Trautmannsdorff, la società di caccia del conte di Karoly, del barone Gustädt, di Blünbach, ecc., estendono da per tutto ì loro grandi possessi.
Il numero dei possessori di estesi terreni salì dal 1873 al 1891 del 9,5%, ciò che significa una considerevole diminuzione dei piccoli possidenti.
Nell'Austria inferiore (dall'80 al 90) della totale estensione del suolo, che abbraccia 3.544.596 jugeri, toccarono ai 247 grandi possidenti 52.603 jugeri, alla chiesa 94.882 jugeri. Nove famiglie possedevano loro sole 157.000 jugeri, fra cui il conte Hoyos che ne possedeva 54.000.
La superficie della Moravia è di 2.222.190 ettari; di questi appartengono alla chiesa 78.496 (il 3,53%) a 145 possidenti 525.632 ettari, fra cui uno di quesii ne possedeva da solo 107.247. Dei 514.685 ettari di superficie della Slesia austriaca la chiesa ne possedeva 50.845 (il 9,87%); 36 possidenti insieme 134.226 ettari (il 26,07%). La Boemia ha 5.196.700 ettari di superficie di cui la chiesa possiede 103.459, 362 privati 1.448.638; il principe di Schwarzenberg ne aveva 176.410, il principe di Colloredo Mansfeld 58.239, il principe di Fürstenberg 39.814, il conte di Waldstein 37.989, il principe di Lichtenstein 37.934, il conte Czernin 32.277, il conte di Clam-Gallas 31.691, l’imperarore Francesco Giuseppe 28.800, il conte di Harrach 28.047, il principe di Lobolwitz 27.684, il conte di Kinsky 26.265 il conte di Buquoy 25.645, il principe di Thurn e di Taxis 24.777, il principe di Schwarzenberg 24.037, il principe di Metternich-Winneburg 20.002, il principe di Anersperg 19.960, il principe di Windischgrätz 19.020, ecc.[4]. Ciò accadeva nel 1894; in seguito le cose sono peggiorare ancora.
In vari modi si intensifica il dissanguamento del piccolo possidente per opera del grande. Per esempio, nel distretto di Afflenz, comune di St Ilgen, una regione montuosa di più di 5.000 jugeri, con un pascolo per 300 capi di bestiame ed un terreno adiacente di 700 iugeri, fu convertita in bandita da caccia. Simile cosa avvenne dell'Höllalp, appartenente al comune di Seewiesen, che aveva pascolo per 200 capi di bestiame. Nel distretto di Aflenz 47 poderi che ricoveravano 840 capi di bestiame furono a poco a poco acquistati e convertiti in parchi da caccia. Lo stesso accade in tutti i paesi alpestri. Nella Stiria i contadini di molti comuni trovano più conveniente vendere il fieno nell’inverno ai possessori di bandite da caccia per foraggio della selvaggina, piuttosto che darlo alle proprie bestie.
Nella contrada di Mürzzuschlag molti contadini non tengono più manzi, ma vendono tutto il foraggio per il mantenimento della selvaggina.
Nel distretto di Schwaz molti luoghi alpestri furono convertiti dai nuovi padroni in bandite da caccia e nel distretto di Zell ne furono convertiti sedici che fino allora servivano per pascoli.
Nell'intera montagna di Karwendel è impedito il pascolo.
È l’alta nobiltà austriaca e germanica che con i ricchi parvenus borghesi acquistò in terreni alpestri fino a 70.000 e più jugeri e li convertì in bandite da caccia. Interi villaggi, centinaia di fattorie spariscono; gli abitanti vengono cacciati dal suolo e invece degli uomini e del bestiame, destinato al nutrimento umano, subentrano cervi, caprioli e camosci. Taluni di coloro che in questo modo riducono alla devastazione mezze province, trattano in parlamento della «miseria dei contadini» ed abusano del loro potere per pretendere l’aiuto dello Stato sotto forma di dazi sui grani, sul legname, sul bestiame, sulla carne, sull' acquavite, ecc., a spese del proletario.

[ oppressione dei piccoli possedimenti ]

Negli Stati industriali più progrediti non sono, come in Austria, i bisogni di lusso delle classi privilegiate che opprimono i piccoli possidenti, ma la necessità, di fronte alle esigenze di una popolazione che sempre più si condensa, di organizzare capitalisticamente l’amministrazione per potere produrre le quantità di viveri necessarii. Questa si fa sentire anzi tutto nel Belgio che industrialmente è molto sviluppato.
Secondo l'Annuaire Statistique citato da Emile Vandervelde in un articolo intitolato: La proprietà territoriale nel Belgio dal 1834 al 1899 [5] è detto: «Sono esclusivamente i possessi al disotto di 5 ettari e specialmente quelli al disotto di 2 ettari di cui il numero è diminuito.
Al contrario i possessi al di sopra di 10 ettari sono cresciuti fino a 3.789. La concentrazione della proprietà, dei terreni, che corrisponde al progresso dell'agricoltura in grande e dell'allevamento razionale del bestiame, si dimostra in modo evidente. Dopo il 1880 è sorto un movimento inverso a quello dal 1866 al 1880.».
Mentre nel 1880 esistevano ancora 910.396 aziende agricole, ve n'erano nel 1895 soltanto 829.625. Questo è un regresso in 15 anni di 80.771 aziende 9%. E il regresso riguarda soprattutto le aziende al disotto di 5 ettari; al contrario le aziende da 5 a 10 ettari aumentarono di 675; da 10 a 20 ettari di 2.168; da 20 a 30 ettari di 414; da 30 a 40 ettari di 164; da 40 a 50 ettari di 187; sopra 50 ettari di 181.
Lo stato del suolo e la sua coltivazione sono della più alta importanza. Da esso e dai suoi prodotti dipende in prima linea l’esistenza della popolazione.
Il suolo non si può estendere a volontà e tanto più importante è per tutti il modo come viene coltivato e sfruttato. La Germania, la cui popolazione cresce annualmente di 750.000 individui circa, ha bisogno di una considerevole importazione di pane e di carne, purché i prezzi dei viveri più necessari possano rimanere ancora possibili.
Ma qui vengono in campo interessi fra la popolazione industriale e l’agricola. I popoli che non si dedicano all'agricoltura hanno interesse di acquistare viveri a buon mercato, perché da ciò dipende la loro prosperità come esseri umani, come industriali e come commercianti. Ogni rincaro dei viveri ha per conseguenza un deterioramento nella nutrizione di una gran parte della popolazione, a meno che non aumentino corrispondentemente le ricompense, o altre entrate di quella parte di popolazione che deve comprare i pro dotti agrari.
Ma un aumento dei salari ha per conseguenza un aumento dei prezzi dei prodotti dell’industria e, secondo la condizione del mercato mondiale, può avere per conseguenza una diminuzione dell'esportazione. Ma se col rincaro dei prodotti agrari non avviene un aumento dell'entrate, occorre limitare nel resto tutti i bisogni e in questo caso, ne soffrono in prima linea l’industria e il commercio.
Per l’agricoltore la cosa è diversa. Come l’industriale, egli vuole ottenere il maggior profitto possibile dal suo mestiere e per lui è indifferente da quale prodotto l’ottenga.
Se l'importazione del grano impedisce che ottenga il guadagno che crede necessario dalla coltivazione del grano, egli impiega il terreno per l coltivazione di altro prodotto che gli porti più utilità. Invece di frumento e segala per il pane, coltiva barbabietole per la produzione dello zucchero, patate e grano per la fabbricazione dello spirito; occupa i terreni più fertili, invece che per la coltivazione degli ortaggi, per la coltivazione del tabacco. Altri poi occupano migliaia di ettari per pascoli per i cavalli, perché i cavalli per iscopi militari e di guerra si mantengono a prezzo alto.
Grandi foreste che potrebbero essere utilizzate per l’agricoltura vengono riservate per le caccie dei gran signori, e spesso in contrade nelle quali l'abbattere qualche centinaio o migliaio di ettari di foresta potrebbe rendere quel terreno coltivabile senza che la diminuzione della foresta potesse impedire lo sviluppo dell’umidità.
In questo modo si otterrebbero in Germania migliaia di chilometri quadrati di terreno fertile per l'agricoltura. Ma a questi convertimenti si oppone l'interesse materiale di una parte degli impiegati forestali, come dei grandi possidenti che non vogliono perdere i loro territori da caccia e i piaceri che ne derivano. Bene inteso che simile diboscamento dovrebbe aver luogo soltanto là dove procurasse un effettivo guadagno. Al contrario si potrebbero coltivare a foreste vaste estensioni per il benessere del paese, specialmente in luoghi montuosi e deserti.

[ disboscamenti e loro conseguenze ]

Si è constatata di recente la grande influenza delle foreste sullo sviluppo dell'umidità, ma a torto. L’opera di Parvus e del Lehmann Das hungernde Russland [6] prova in quale alto grado la foresta influisca sull' umidità del paese e quindi sulla fertilità del suolo. Gli autori stabiliscono per esperienza propria che gli smisurati e inutili diboscamenti nelle province più fertili della Russia sono cagione dei cattivi raccolti di cui soffrirono in questi ultimi decennii queste contrade, un tempo sì ubertose.
Fra gli altri numerosi fatti constatano che, nel corso degli anni, nel distretto di Stawropol sono spariti, cinque piccoli fiumi e sei laghi. Nel distretto Busuluk scomparvero quattro fiumi e quattro laghi; nel distretto di Ssamara sei piccoli fiumi; in quello di Buguruslan quattro piccoli fiumi e quattro laghetti; nei distretti di Nikolajewsk e di Nowa Useresk vengono mantenuti ancora con dighe di concime quattro fiumi. Molti villaggi che avevano prima nelle vicinanze acqua corrente non ne possiedono più. La profondità dei pozzi è in molti luoghi dai 45 ai 60 metri; per conseguenza il suolo è duro e screpolato.
Con l’abbattere le foreste si disseccarono le sorgenti e diminuirono le pioggie.
Lo sfruttamento capitalistico del suolo conduce ad assetti capitalistici. Una parte degl'innumerevoli agricoltori ha ottenuto grandi profitti dalla coltivazione delle barbabietole e dalla conseguente produzione di zucchero. Il sistema tassativo favoriva l'esportazione dello zucchero e in tal modo, che il ricavato dalle tasse sulle barbabietole e sul consumo dello zucchero fu impiegato in parte rilevante per premii di esportazione.
I premi accordati ai fabbricanti di zucchero per ogni due quintali erano superiori alla tassa da loro pagata per le barbabietole, e questi premi li mettevano in grado di vendere in quantità enorme all'estero lo zucchero a buon mercato, a spese dei contribuenti di tasse del proprio paese e di estendere sempre più la coltivazione delle barbabietole. Il vantaggio che provenne da questo sistema di tasse alle fabbriche di zucchero salì a più di 31 milioni di marchi annui. Centinaia di migliaia di ettari di terreno, prima consacrati alla coltivazione del grano, furono dedicati alle barbabietole; si fondarono fabbriche su fabbriche e la conseguenza necessaria fu il crak.
La rendita considerevole della coltivazione delle barbabietole influiva favorevolmente sul prezzo del suolo. Questo aumentò.
La conseguenza fu la compra dei piccoli possessi, i cui proprietari, sedotti dai prezzi elevati, si lasciarono indurre alla vendita. Il suolo fu utilizzato per speculazioni industriali e la coltivazione dei cereali e delle patate fu limitata ai terreni di qualità inferiore. Per la qual cosa aumentò il bisogno dell'importazione dei viveri dall'estero.
Finalmente gli inconvenienti che nacquero dai premi per lo zucchero a poco a poco assunsero carattere internazionale e obbligarono i governi e i parlamenti a sospendere i pagamenti dei premi per tornare a condizioni più naturali.
Per la condizione delle cose il piccolo possidente ed anche molti dei mezzani, non ostante tutti gli sforzi e le privazioni, non possono raggiungere quella posizione sociale alla quale potrebbero pretendere come cittadini di uno stato civile. Per quanto tentino stato e società. di mantenere queste condizioni che formano una base essenziale per l'ordine sociale e politico, i loro sforzi rimarranno infruttuosi. I dazi agrari nuocciono a questa parte di coltivatori del suolo più che non la favoriscano. La grande maggioranza non coltiva quanto le basta per i bisogni della vita; essa è obbligata a comprare una parte di quanto le occorre per vivere, per cui deve procurarsi i mezzi con un lavoro industriale accessorio, o di altra specie. Molti dei nostri piccoli contadini sono più interessati al miglioramento dell'industria e del commercio di quel che non siano alla coltivazione del suolo perché i propri figli, per i quali non avrebbero lavoro e rendite, trovano da vivere nell’industria e nel commercio. Un cattivo raccolto aumenta il numero di quei contadini che sono obbligati alla compra di prodotti agricoli.
A che cosa servono adunque le tasse agrarie, le proibizioni d' importazione e le misure agrarie limitatrici a colui che non ha nulla o poco da vendere, ma che deve comprare qualcosa o, occorrendo, anche molto? Ed in questa condizione si trova per lo meno l'80% di tutte le aziende agricole.
Il modo di agire dell'agricoltore è, sotto il regno della proprietà privata, affare che lo riguarda.
Egli coltiva quello che gli sembra più utile senza considerare i bisogni e gli interessi della società.
Dunque libero corso a lui!

[l’industria sotto il regno della proprietà]

L'industriale agisce nello stesso modo. Egli fabbrica quadri osceni, libri immorali e fonda fabbriche per la falsificazione dei viveri adulterati: queste e molte altre attività sono nocive alla società; esse seppelliscono la morale e aumentano la corruzione, ma portano guadagno più dei quadri morali, dei libri scientifici e della vendita di viveri genuini.
L'industriale, avido di guadagno, deve soltanto aver cura che non lo scopra l’occhio della polizia; del resto può esercitare il suo dannoso mestiere nella sicurezza che per il danaro che guadagna è invidiato e tenuto in alta stima della società.
Il carattere venale dei nostri tempi è chiaramente definito dalla borsa e dal suo movimento. Prodotti della terra e dell'industria, mezzi di comunicazione, condizioni climateriche e politiche, carestia o abbondanza, miseria delle masse, disgrazie accidentali, debiti pubblici, invenzioni e scoperte, salute, malattie o morte di persone influenti, guerra e voci di guerra, spesso soltanto divulgate ad arte, tutto ciò e molte altre cose ancora vengono fatte oggetto di speculazione e utilizzate per sfruttamento e inganno reciproco.
I capitalisti più forti acquistano l’influenza più decisiva su tutta la società, e, favoriti dai loro mezzi e dalle loro relazioni potenti, accumulano ricchezze favolose. Ministri e governi diventano nelle loro mani burattini che debbono agire a secondo che i capi della borsa tirano i fili dietro le quinte. Il governo non ha in mano la borsa, ma viceversa. Suo malgrado il ministro deve coltivare la pianta venefica che volentieri sradicherebbe e deve conferirle nuove forze vitali.
Tutti questi fatti che s'impongono giornalmente ad ognuno, perché giornalmente i mali aumentano, richiedono rimedio pronto e radicale. Ma la società è scoraggiata davanti a questi mali come certi animali davanti all'ostacolo. Essa gira come il cavallo intorno al mulino, sempre nell'istesso circolo, senza consiglio, senza rimedio, vero quadro della miseria e della stupidità. Quelli che vorrebbero porvi rimedio sono ancora troppo deboli; e quelli che potrebbero non vogliono. Essi si affidano alla forza e pensano nella migliore ipotesi come madame di Pompadour: Après nous le déluge.
Ma se il diluvio avvenisse durante la loro vita?
E il flusso sale e mina le fondamenta sulle quali si basa l’edìfizio dello Stato e della Società.
Tutti sentono che le fondamenta vacillano e che solo sostegni vigorosi potrebbero salvare l’edifizio, ma ciò richiede grandi sacrifici che dovrebbero fare le classi dominanti e qui sta l'ostacolo. Ogni proposta, la cui effettuazione danneggi seriamente gli interessi materiali di queste classi e minacci di mettere in pericolo la loro posizione privilegiata, viene da esse furiosamente combattuta e tacciata di tendenza diretta a rovesciare l'ordine esistente politico e sociale.
Ma la società male si può curare senza che i privilegi ed i vantaggi delle classi dominanti vengano minacciati e finalmente eliminati.

[ il programma sociale ]

Nel programma democratico sociale è detto: «La lotta per la redenzione delle classi operaie non è combattuta per ottenere privilegi, ma uguali diritti, uguali doveri e per I’eliminazione di tutti i privilegi». Da qui si deduce che con mezze misure e piccole concessioni nulla si ottiene.
Ma le classi dominanti considerano la loro posizione privilegiata come assolutamente naturale e legittima e credono che i loro diritti e la continuazione dello statu quo non debbano essere messi in dubbio.
E’ quindi naturale che combattano e respingano ogni tentativo di scuotere questa loro posizione privilegiata. Anche tutti i progetti e le leggi, che nulla cambiano alle fondamenta dell'ordine esistente della società né alla loro condizione, li mettono nella più grande agitazione, forse perché si potrebbe fare appello alla loro borsa, o farvi assegnamento.
Nei parlamenti vengono stampate intere cataste di carta, ma la montagna non partorisce che un topo!
Alle legittime esigenze dei protettori degli operai si oppone una resistenza accanita come se da questo dipendesse l’esistenza della società. E se dopo infinite lotte viene strappata qualche concessione, sembra che le classi dominanti abbiano sacrificato una parte del loro patrimonio. La stessa ostinata resistenza dimostrano quando si tratta di riconoscere alle classi oppresse l’uguaglianza dei diritti; e per esempio, nella questione della locazione d'opera, nel trattare con esse come con persone di uguali diritti.
Questa opposizione alle cose più semplici e alle domande più legittime conferma l'antico detto che nessuna classe dominante si persuade con la ragione, se la forza delle circostanze non la costringe ad arrendersi. Ma la forza delle circostanze sta nella crescente misura dell'intelligenza che viene sviluppata negli oppressi dal progresso sociale. I contrasti di classe diventano sempre più aspri, più evidenti e sensibili. Le classi oppresse e sfruttate vengono a conoscenza dell'insostenibilità dell'ordine esistente; il loro sdegno si accresce e con esso il desiderio imperioso di un mutamento e di un sistema più umano. Questa conoscenza abbraccia circoli sempre più vasti, finché conquista finalmente la maggioranza della società che è nel modo più diretto interessato a questo mutamento. Ma nella stessa misura che nella grande massa aumenta la conoscenza della insostenibilità dell'ordine attuale e della necessità di un cambiamento radicale, diminuisce o cade la facoltà di resistenza delle classi dominanti, il cui potere si basa sull'ignoranza delle classi oppresse e sfruttate.
Questa reciprocità di effetti è palese e quindi tutto ciò che la fa progredire deve essere bene accetto. I progressi dei grandi capitalisti sono controbilanciati dal crescente riconoscimento della contraddizione, nella quale si trova l’organamento esistente della società col bene della grande maggioranza del popolo. Quindi, se pure per togliere le antitesi sociali si richiedono grandi sacrifizii e molti sforzi, si arriverà alla soluzione, tosto che le antitesi avranno raggiunto il punto culminante del loro sviluppo verso cui rapidamente si affrettano.
Le norme da osservare nelle singole fasi dell'evoluzione dipendono dalle eventuali circostanze ed è impossibile predire quali misure saranno necessarie [sic!!!]. Nessun governo, nessun ministro, fosse anche il più potente, sa prima ciò che l’anno prossimo le circostanze I‘obbligheranno a fare. Tanto meno si potrà dire delle forme che possono essere influenzate da circostanze il cui effettuarsi si sottrae a qualunque calcolo o previsione sicura. Domandare i mezzi equivale a domandare la tattica in un combattimento. Ma la tattica si dispone secondo il nemico e secondo le risorse che sono in potere di ambo le parti. Un mezzo oggi eccellente può essere nocivo domani perché le circostanze che giustificavano ieri la sua applicazione sono oggi cambiate. Prefisso lo scopo, i mezzi per raggiungerlo dipendono dal tempo e dalle circostanze; solo è necessario servirsi dei più efficaci e dei più decisivi. Potremo procedere dunque soltanto per ipotesi se vogliamo trattare delle forme della società futura, partendoci da supposizioni che ammetteremo come fatti già compiuti.
«Seguendo questo concetto supponiamo che venga un tempo in cui tutti i mali descritti saranno spinti talmente all'estremo da rendersi così evidenti e sensibili alla grande maggioranza da essere insopportabili e questa sarà presa da un desiderio irresistibile di un mutamento radicale, per cui il rimedio più rapido sarà riguardato come il più adatto››.
Tutti i mali sociali, senza eccezione, hanno la loro origine nell'ordinamento sociale che attualmente, come si è dimostrato, è basato sul capitalismo e sul sistema di economia capitalistica, in virtù del quale la classe dei capitalisti è la proprietaria di tutti gli strumenti di lavoro (suolo, cave, miniere, materiale grezzo, utensili, macchine, mezzi di comunicazione, ecc.), e per mezzo di tutto questo sfrutta e opprime la grande maggioranza del popolo, ciò che ha per conseguenza l’incertezza dell'avvenire, l’oppressione e l’avvilimento delle classi sfruttate. Il rimedio più breve e più rapido sarebbe dunque convertire con una generale espropriazione questa proprietà privata in proprietà comune: «La produzione privata delle merci verrebbe convertita in produzione socialistica effettuata in favore e per mezzo della società. Così l’industria in grande e le maggiori rendite del lavoro sociale, fin qui sorgenti di miseria e d'oppressione delle classi sfruttate, diverrebbero invece sorgenti del maggiore benessere e del maggiore accordo generale».

pagina


[1] . Il prof Adolfo Wagner nella prima edizione da lui curata del Lehrbuch der politcschen Oekonomw del Raus esprime un simile concetto Egli dice a pagina 361 «La questione sociale è la contraddizione cosciente tra lo sviluppo economico ed il principio di libertà e uguaglianza, che costituisce l’ideale e si effettua nella vita politica».

[2] . Il dott. T. Sax nella sua opera Die Hausindustrie in Thüringen, comunica che nell’anno 1869 la produzione di 244 milioni e mezzo di stili aveva fruttato da 122.000 fino a 200.000 fiorini di salario agli operai, mentre il prezzo di vendita salì nell’ultima mano a 1.200.000 fiorini, ammontando così a sei volte quanto ne aveva ricavato il produttore. Nell'estate del 1888 furono pagati di prima mano per cinque quintali di pesce 5 marchi. Il negoziante al dettaglio pagò al grossista 15 marchi e gli avventori a quest’ultimo 125 marchi. Anche alcune quantità di viveri vengono disperse perché i prezzi non valgono le spese del trasporto. Così, per esempio, in annate di pesca abbondante di aringhe, carichi interi di battelli vengono adoperati per concime, mentre nel continente esistono migliaia di uomini che non hanno i mezzi per comprarle. Simile cosa succedeva nel 1892 in California in un sovrabbondante raccolto di patate. >
> Quando nel 1901 il prezzo dello zucchero era considerevolmente ribassato, un giornale fece la proposta di mettere una gran parte delle provvigioni sotto acqua per distruggerla e rialzare i prezzi. È pure noto che Carlo Fourier fu spinto al socialismo perché, quando era apprendista in una casa commerciale di Tolone, fu incaricato di sommergere in mare un carico di riso per rialzare i prezzi. Egli disse: Una società che ricorre a tali infami e insensate misure deve avere basi false e divenne socialista.

[3] . [N.d.C. – Rinvilio : Forma tosc. per rinvilire, ribassare, detto del prezzo di una merce: era un tripudio palese ... d’aver trovata la maniera di far rinvilire il pane (Manzoni)].

[4] . Particolari maggiori si hanno in «Das soziale Elend, and die besitzenden Klassen in Oesterreich››, di T. W. Teifen, Vienna 1894. Prima libreria popolare Viennese di Ignaz Brand.

[5] . Archivio per la legislazione sociale e statistica, vol. 15, pag. 436.

[6] . Stoccarda, 1900.