LA DONNA E IL SOCIALISMO

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August Bebel . 1883 . ediz.1905
arteideologia raccolta supplementi
made n.21 Dicembre 2023
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
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LA DONNA NEL PRESENTE . 10. 2
[seguente]

LA SOCIALIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ 

Espropriati tutti gli strumenti di lavoro e resi proprietà comune, la società crea la sua nuova base. Le condizioni di vita e di lavoro, cioè l'industria, l’agricoltura, il commercio, l’educazione, il matrimonio, la vita scientifica, artistica e sociale, cambiano radicalmente per entrambi i sessi. L’esistenza umana riceve nuovo impulso, e a poco a poco anche l'organamento dello stato perde le sue basi e lo Stato sparisce, dissolvendosi in certo modo da sé stesso.
Nella prima parte di quest’opera è stato dimostrato perché lo Stato doveva formarsi. Esso è il prodotto di un'evoluzione sociale dalla società primitiva, basata sul comunismo, a quella ove a poco a poco si sviluppò la proprietà privata. Col sorgere di questa nascono nell’interno della società interessi antagonistici, contrasti di ceto e di classe, che necessariamente conducono a lotte fra i diversi gruppi interessati che minacciano la stabilità del nuovo ordinamento. Per tener in freno gli avversarii di esso e proteggere i proprietari minacciati, abbisogna un'organizzazione che difenda dagli attacchi e dichiari il possesso «legittimo» e «sacro››. Questo potere che protegge la proprietà e mantiene l'ordine è lo Stato. Esso assicura con leggi il possesso al proprietario e sta di fronte all'oppressore dell'ordine come giudice e vindice. Dunque l’interesse dei proprietarii è quello dei poteri dello Stato e viceversa. L’organamento dello Stato si cambia solo allorché lo richiede l’interesse della proprietà.
Se adunque lo Stato è l’organamento necessario ad un ordinamento sociale basato sulla dominazione di una classe, tosto che cessano le lotte di classe per l’abolizione della proprietà privata egli perderà la necessità e la possibilità di esistere. Lo Stato cessa con l’eliminazione dei rapporti di soggezione, come cessa la religione quando sparisce la fede nel soprannaturale e nelle forze soprasensibili e trascendentali. Le parole debbono avere significato; se lo perdono cessano di rappresentare concetti.
Qui forse un lettore di sentimenti capitalistici osserverà: tutto è bello e buono, ma con quale fondamento legittimo vuole la società giustificare queste trasformazioni sovversive? Il motivo legittimo è quello che è sempre esistito quando si è trattato di simili trasformazioni e cambiamenti: il bene comune. La fonte del diritto non è lo Stato, ma la Società; lo Stato è solo il commesso della società che ha il diritto di amministrare e giudicare. La società dominante è stata fin qui sempre una piccola minoranza, che agisce in nome di tutto il popolo chiamandosi col nome di Società, come Luigi XIV si chiamava lo Stato dicendo: L'état c’est moi. Quando i giornali annunziano: La stagione comincia, la società si affretta a tornare in città; o, la stagione è finita, la società corre in campagna, essi non intendono il popolo, ma gli altolocati che formano la Società come formano lo Stato. La folla è plebe, canaglia, popolo. Quindi tutto ciò che compie lo Stato in nome della società.
Quindi tutto ciò che compie lo Stato in nome della società per il bene comune riesce utile e vantaggioso in primo luogo alle classi dominanti, nell'interesse delle quali si fanno le leggi. Salus reipublicae suprema lex esto, è, come si sa, una massima dell’antico diritto romano. Ma chi costituiva la Repubblica romana? I popoli soggiogati? i milioni di schiavi? No! Il numero relativamente minimo dei cittadini romani e, in prima linea, i patrizi romani, che si facevano mantenere dai soggiogati.

[ espropri e confische borghesi in Europa ]

Quando, nel medio evo, la nobiltà e i principi s'impossessarono dei beni comuni lo fecero per l’amore del diritto e nell'interesse del bene comune, e la storia dal medio evo ai tempi moderni ci ha fatto vedere che cosa si sia tatto dei beni pubblici e delle proprietà dei poveri contadini. La storia degli ultimi secoli è una storia non interrotta di rapine delle proprietà pubbliche e dei contadini per opera dei nobili e della chiesa, praticata in tutti gli Stati civili di Europa. Quando poi la grande rivoluzione francese espropriò i beni dell’aristocrazia e della chiesa lo fece in nome del bene comune e la più gran parte degli otto milioni di possidenti, che formano il sostegno della Francia borghese, deve la sua esistenza a questa espropriazione.
In nome del bene comune la Spagna confiscò ripetutamente le proprietà ecclesiastiche e l’Italia le confiscò totalmente, applaudita dai più zelanti difensori della sacra proprietà. La nobiltà inglese per secoli ha spogliato il popolo irlandese e inglese d'ogni proprietà, appropriandosi per legge, dal 1804 al 1832 nell’interesse del bene generale, di non meno di 3.511.710 acri di terreno. E allorché nella grande guerra per la liberazione degli schiavi del Nord-America, milioni di schiavi, che erano pur diventati proprietà dei loro padroni, furono dichiarati liberi, senza risarcimento di spesa da parte di questi ultimi, ciò avvenne sempre in nome del bene generale. Tutto il nostro progresso borghese è un processo non interrotto di espropriazione e confisca, nel quale il fabbricante dissangua l’operaio, il possidente il contadino, il grande negoziante il piccolo, e, finalmente, un capitalista l’altro, cioè il più grande dissangua il più piccolo.
Se diamo ascolto alla nostra borghesia, tutto ciò si fa per il bene generale, per l’utilità, della società.
I Napoleonidi salvarono la società il 18 brumaio e il 2 dicembre, e questa li applaudì. Se in avvenire la società, si salvasse da sé stessa riprendendo nelle mani la proprietà che ha creato, essa compirebbe l’azione storicamente più memorabile, perché non agirebbe per opprimere gli uni a favore degli altri, ma per accordare a tutti uguali condizioni di esistenza e per rendere possibile ad ognuno una vita degna dell'uomo. Sarebbe la misura moralmente più corretta che la società avesse mai eseguita.
In quali forme questa espropriazione sociale si effettuerà, e con quali norme, è al di la di ogni previsione. Chi può sapere in quali condizioni ci troveremo allora?
Nella sua quarta lettera sociale a von Kirchmann, intitolata Il capitale, Rodbertus dice a pag. 117: «La distruzione di tutta la proprietà, capitalistica non è chimera, ma cosa possibilissima dal punto di vista dell’economia nazionale. Sarebbe certo anche il rimedio più radicale per la società la quale, come si può dire in poche parole, soffre dell'aumento della rendita fondiaria capitalistica. Essa sarebbe l’unica forma dell'abolizione della proprietà, privata, così della terra come del capitale, forma che non interromperebbe nemmeno momentaneamente il progresso e lo scambio della ricchezza nazionale. Che cosa dicono i nostri agrari di queste opinioni di un loro partigiano di altri tempi?
Non è possibile stabilire decisamente i risultati che si otterranno col seguire simili norme. Nessuno può sapere oggi come si organizzeranno le future generazioni e come soddisferanno ai loro bisogni, Nella società, come nella natura, tutto si trova in continua evoluzione; uno arriva, l'altro parte, ciò che è vecchio ed antiquato viene sostituito da cose nuove e vitali. Si fanno scoperte, invenzioni, miglioramenti numerosi e svariati, la cui importanza ed estensione spesso non prevedibile e tali da sconvolgere i sistemi della vita e della società.
Ma qui non possiamo trattare se non dello sviluppo di principi generali, la cui illustrazione emerge dalle premesse e la cui applicazione si può osservare ad un certo grado. La società non è stata finora un essere che si sia lasciato dirigere dai singoli individui, se pure spesso ne ha avuto l’apparenza. Si crede di comandare e si è comandati. La società è piuttosto un organismo che si sviluppa secondo leggi determinate e immanenti, esclusa anche in avvenire ogni volontà individuale. Quando la società avrà conosciuto il segreto della sua esistenza, avrà scoperto anche le leggi del proprio sviluppo e le impiegherà coscientemente per fare ulteriori progressi.

[il lavoro senza la proprietà ]

Tosto che la società si troverà in possesso di tutti gli strumenti del lavoro, l'obbligo del lavoro per tutti gli individui capaci di lavorare, senza distinzione di sesso, diventa legge fondamentale del socialismo. La società non può esistere senza lavoro; essa ha dunque diritto di esigere che tutti coloro che vogliono soddisfare i propri bisogni si adoperino in ragione delle loro forze fisiche e intellettuali per produrre gli oggetti necessari. La stolta asserzione che i socialisti vogliano abolire il lavoro è un assurdo senza uguale. Gli oziosi, i pigri esistono solo nel mondo borghese. Il socialismo si accorda in questo con la Bibbia là dove dice: Chi non lavora non deve neppure mangiare. Ma il lavoro dev'essere un'attività utile, produttiva. La nuova società richiederà che ognuno compia un determinato lavoro industriale, commerciale, agricolo, o altrimenti utile, per mezzo del quale possa produrre una quantità di lavoro per la soddisfazione dei suoi bisogni. Senza lavoro nessun guadagno, nessun lavoro senza guadagno.
Quando tutti saranno obbligati a lavorare, avranno tutti uguale interesse di conseguire tre condizioni: 1° Che il lavoro sia moderato nella misura del tempo e non sorpassi le forze di nessuno; 2° Che sia piacevole e svariato; 3° Che sia possibilmente abbondante, perché da ciò dipende la misura del tempo del lavoro e, in conseguenza, del guadagno. Ma queste tre condizioni dipendono alla loro volta dal genere e dalla quantità delle forze lavoratrici impiegate, e dalle pretese della società per la sua conservazione. La società socialistica non si forma per vivere da proletaria, ma bensì per abolire il proletariato della grande maggioranza degli uomini.
Essa cerca di accordare ad ognuno un'esistenza agiata, e così sorge la domanda: Fino a che punto si spingeranno le pretese della società?
Per poterle stabilire è necessaria un'amministrazione che abbracci tutti i campi di attività sociale.
A questo scopo i comuni formano una base adatta. Quelli che sono troppo grandi per potersi occupare dei minuti particolari, si possono dividere in circoli.
Come una volta nella società primitiva, così adesso tutti i cittadini maggiorenni dei comuni, senza distinzione di sesso, prendono parte alle elezioni e nominano le persone di fiducia che debbono dirigere l’amministrazione. A capo di tutte le amministrazioni locali sta la centrale – bene inteso, nessun governo come potere dominante, ma un collegio amministrativo che eseguisca. È indifferente che l’amministrazione centrale sia o no nominata direttamente dal comune o dalle amministrazioni comunali. In avvenire siffatte questioni non avranno più l’importanza che hanno oggi, poiché non si tratta di occupare posti che accordino maggiore autorità o influenza, o maggiore stipendio, ma cariche di fiducia alle quali vengono eletti i più idonei, siano uomini o donne, e che vengono rimossi o rieletti a seconda della necessità e del desiderio degli elettori. Le cariche sono temporanee. Coloro che le occupano non formano una speciale «casta d'impiegati», poiché manca la durata della carica e un ordine d'avanzamento. Da questo punto di vista è anche indifferente se fra l’amministrazione centrale e le locali vi debbano essere gradi intermedi, cioè una provinciale. Se si riterrà necessaria, si istituisca, altrimenti si ometta. Di tutto decidono circostanze e l’esperienza pratica. Se i progetti della società hanno reso superflui i vecchi ordinamenti, si aboliscano senza contrasto e discussioni, perché nessuno ha un interesse personale alla loro conservazione, e se ne istituiscano nuovi. Questa amministrazione, adunque, fondata sulla più larga base democratica, è totalmente diversa da quella d’oggi. Quali lotte nei giornali, quali accanite discussioni fra gli oratori dei nostri parlamenti, quale cumulo di documenti nelle nostre cancellerie per un minimo cambiamento nelle amministrazioni e nel governo!
Il compito principale è di stabilire il numero e la specie delle forze disponibili, il numero e la specie degli strumenti di lavoro, delle fabbriche, delle officine, dei mezzi di trasporto, dei terreni, ecc., e la capacità di produzione del momento. Inoltre è da stabilirsi la quantità delle provvigioni che esistono, e la quantità di articoli e di oggetti necessaria per soddisfare i bisogni per un certo spazio di tempo. 

[ la scienza statistica, la conoscenza e la soddisfazione dei bisogni ]

Come presentemente lo Stato e i diversi comuni stabiliscono annualmente i loro bilanci, così accadrà in avvenire per tutti i bisogni sociali, tenendo conto dei cambiamenti che esigono i nuovi e più grandi bisogni. La statistica avrà la parte principale: essa sarà la scienza ausiliaria più importante nella nuova società e fornirà la misura
di ogni attività sociale.
Già oggi la statistica riesce applicata su larga scala per simili scopi. I bilanci dei regni, degli Stati, dei comuni, si basano sui dati statistici raccolti annualmente nei singoli rami di amministrazione. Le prolungate esperienze e una certa stabilità nei bisogni normali la facilitano. Ogni direttore di una grande fabbrica, ogni negoziante è al caso di poter stabilire esattamente, in condizioni normali, quali bisogni vi siano per il trimestre seguente e in qual modo debba regolare la produzione e le compre. E se non subentrano cambiamenti eccezionali può, senza fatica, regolarsi.
L’esperienza che le crisi vengono cagionato dalla produzione eccessiva, senza regola, cioè continuando a produrre senza conoscere la quantità di merce già esistente, lo smercio e la richiesta dei diversi articoli nel mercato mondiale, ha, come è già stato accennato, indotto da anni i grandi industriali dei diversi rami ad unirsi in società e trusts per stabilire da un lato i prezzi, per regolare dall'altro la produzione. Con la norma della capacità di produzione di ogni singola azienda e del probabile smercio, viene stabilito quanto ogni singola impresa debba produrre per i prossimi mesi.
Le trasgressioni vengono punite con pene convenzionali e con l’espulsione. Ma gl’intraprenditori non concludono questi trattati per il bene del pubblico, ma per il danno di esso e per il proprio vantaggio. Il loro   scopo è di utilizzare la forza di coalizione per procurarsi i più grandi vantaggi.
Col regolare la produzione si vogliono chiedere al pubblico prezzi che non otterrebbero mai nella lotta di concorrenza dei singoli intraprenditori. Si arricchiscono dunque a spese dei consumatori, che debbono pagare il prezzo richiesto per un prodotto di cui hanno bisogno. Come viene danneggiato il consumatore dal cartello, dai trusts, ecc., così accade dell'operaio. Il regolamento della produzione per opera degli intraprenditori mette in libertà una parte degl'impiegati e degli operai, i quali, per poter vivere, lavorano per un salario minore dei loro compagni. Di più, il potere sociale delle coalizioni è così grande che di rado, o mai, le organizzazioni operaie possono reagire contro di esso. Gl’intraprenditori hanno dunque il doppio vantaggio: riscuotono prezzi più alti e pagano salari bassi. Questo regolamento della produzione per opera delle leghe degl’intraprenditori è dunque l’opposto di ciò che deve aver luogo nella società socialista. Mentre oggi si regola l’interesse degli intraprenditori, in avvenire costituirà regolo invece l’interesse della generalità. Ma nella società borghese anche il cartello meglio organizzato non può scoprire e calcolare tutti i fattori. La concorrenza e la speculazione continuano a lottare sul mercato mondiale, suo malgrado, e tutto ad un tratto si vede che l’edifizio è difettoso e la costruzione artificiale crolla.
Come la grande industria, così il commercio ha estese statistiche.
Ogni settimana i grandi centri commerciali e marittimi forniscono prospetti sulle provvigioni di petrolio, caffè, cotone, zucchero, cereali, ecc.; statistiche certamente spesso inesatte, perché i possessori delle mercanzie  hanno non di rado interesse di non far conoscere la verità. Ma in generale le statistiche sono abbastanza precise e danno all'interessato un’idea del modo come si regolerà il prossimo mercato.
Ma qui pure penetra la speculazione, che sfida tutti i calcoli e li rende inefficaci, togliendo la possibilità di concludere affari su dati positivi. Come è impossibile il regolamento generale della produzione nella società borghese, rispetto alle tante migliaia di produttori privati in lotta fra loro, è altrettanto impossibile regolare la distribuzione dei prodotti, vista la natura speculativa del commercio e il gran numero dei commercianti in contrasto d’interessi. ciò che si fa ora, mostra soltanto ciò che si potrebbe fare, tosto che l’interesse privato sparisse e dominasse l’interesse generale. Ne sono prova, per esempio, le statistiche eseguite ogni anno nei diversi stati civili e che permettono di determinare i ricavati della rendita, l'entità dei veri bisogni e la verosimiglianza dei prezzi.
Ma in una società a sistema socialistico i rapporti sono perfettamente disciplinati, perché essa è unita solidariamente. Tutto si eseguisce secondo un piano ordinato ed è facile stabilire la misura dei diversi bisogni.
Se si fanno prima alcuni esperimenti, tutto si compie più facilmente. Quando, per esempio, è stabilito statisticamente quanto è necessario in media di pane, carne, scarpe, biancheria, ecc., si conosce la potenzialità produttiva della società, sapremo “quanto deve prolungarsi la durata del lavoro giornaliero necessario e se occorre fondare altri istituti per la produzione di certi articoli, o se altri possono essere messi da parte come superflui, ovvero adoperati per altri scopi”.
Ogni singolo individuo sceglie quel ramo di attività nel quale vorrebbe essere occupato e il gran numero dei diversi capi rende possibile di tener conto dei più svariati desideri. Se in qualche ramo si manifesta sovrabbondanza e in altro scarsità di forze, l’amministrazione deve prendere le disposizioni per mantenere l’equilibrio. Il compito principale dell’amministrazione sarà di organizzare la produzione e di offrire alle diverse forze la possibilità di essere applicate nell'ufficio adatto.
Quanto più tutte le forze lavorano di conserva, tanto più l’ingranaggio scorre liscio. Ogni ramo d’industria elegge il suo capo, che non sarà un aguzzino come gl'ispettori e i capi delle fabbriche moderne, ma un compagno che compie la funzione amministrativa a lui commessa invece di un produttore. Non è escluso che con un'organizzazione più perfetta e un’educazione più progredita queste funzioni possano essere alternate in modo che dopo un certo tempo tutti gli interessati possano darsi il turno, senza distinzione di sesso.
Il lavoro organizzato con piena libertà e uguaglianza democratica, dove uno fa per tutti  e tutti per uno, e dove regna completa solidarietà, produrrà un desiderio di creare e una gara come oggi non si trova in nessun sistema di lavoro; e questo spirito creativo influirà anche sulla produttività del lavoro.
Inoltre tutti hanno interesse, poiché lavorano reciprocamente l’uno per l’altro, che gli oggetti vengano confezionati possibilmente in modo perfetto e col minore dispendio di forza e di tempo, a fine di poter creare nuovi prodotti e soddisfare maggiori esigenze.
«Questo interesse comune induce molti a migliorare, semplificare e accelerare il processo del lavoro. L'ambizione d'inventare e di scoprire viene eccitata nel più alto grado. Uno cercherà di sorpassare l’altro con progetti e idee».[1]
Avverrà dunque precisamente il contrario di quello che asseriscono gli oppositori del socialismo. Quanti inventori e scopritori non vanno perduti nel mondo borghese! Se il talento e l’intelligenza dovessero stare a capo della società borghese, «la più gran parte degli intraprenditori dovrebbe cedere il posto agli operai, ai direttori, ai tecnici, agl'ingegneri, ai chimici, ecc.». Sono questi gli uomini che 99 volte su 100 hanno fatto le invenzioni, le scoperte, i miglioramenti utilizzati poi da chi ha la borsa piena. >

Quante migliaia di scopritori e inventori sono andati perduti perché non trovarono chi fornisse loro i mezzi per la esecuzione delle loro scoperte e invenzioni! È impossibile tener conto di quanti scopritori e inventori di merito vengano sopraffatti dalla miseria. Non le persone d'intelletto chiaro ed acuto sono ì padroni del mondo, ma quelli di grandi mezzi, con la qual cosa non intendiamo dire però che anche una mente chiara e una borsa piena non possano essere riunite nella medesima persona.
Tutti coloro che hanno esperienza della vita sanno con quanta sfiducia accolga oggi l’operaio ogni miglioramento ed ogni nuova invenzione. E non a torto, poiché generalmente non già egli ne trae vantaggio, ma colui che lo impiega. Egli deve temere che la nuova macchina, il miglioramento introdotto lo rendano superfluo e lo gettino sul lastrico. Invece di godere di un’invenzione che fa onore all’umanità e procura vantaggio, ha sulle labbra imprecazione e bestemmie. E quanti miglioramenti per il sistema di produzione, scoperti da operai, non vengono eseguiti! L’operaio tace, perché teme di averne non vantaggio ma danno. Queste sono le conseguenze naturali del contrasto degl'interessi.[2]
Nella società a sistema socialistico l'opposizione degl’interessi è messa da parte. Ciascuno sviluppa le facoltà per essere utile a sé stesso, e al medesimo tempo, alla comunità. Oggi soddisfare il proprio egoismo e il bene generale sono per lo più cose opposte, che si escludono scambievolmente.
Nella nuova società queste opposizioni saranno abolite e «la soddisfazione dell'egoismo personale e la prosperità del bene generale armonizzeranno e si fonderanno»[3].
Gli straordinari effetti di un tale stato morale sono evidenti. La produttività del lavoro aumenterà in modo considerevole, soprattutto col venir meno della suddivisione delle forze lavoratrici in centinaia e in milioni di piccole industrie, le quali possiedono strumenti e mezzi di lavoro imperfetti.
E’ stato già detto sopra, in quale proporzione di industrie piccole, medie e grandi si suddivida la vita industriale in Germania. Riunendo le industrie piccole e le medie in industrie grandi, che possiedono tutti i vantaggi della tecnica moderna, viene eliminata una enorme dispersione di forze, di tempo, di materiale di ogni specie (illuminazione, riscaldamento, ecc.), e spazio; e la produttività del lavoro sarà aumentata in mille modi. Una statistica del Massachusetts del 1890 mostra la differenza nella produttività fra le industrie piccole, le medie e le grandi.
Le attività di dieci rami principali d'industria sono divise in tre categorie che dànno meno di 40.000 dollari di prodotti appartengono alla classe inferiore; tra i 40.000 e i 160.000 dollari alla classe media, e sopra i 150000 dollari alla classe superiore.
Ecco il risultato:

Il numero più che doppio delle piccole industrie in confronto delle medie e delle grandi diede quindi solo il 9,4% del prodotto totale; e il numero delle grandi industrie, che ammonta al 25%, diede quasi due volte e mezzo la quantità di prodotti di tutte le rimanenti industrie riunite. Ma anche le grandi industrie potrebbero essere esercitate più razionalmente, in modo da potere, perfezionando con la tecnica forme di produzione, ottenere una produzione complessiva molto maggiore.

[il lavoro necessario e senza dispendio]

Il prof. Hertzka ha calcolato e pubblicato nel suo libro Die Gesetze der sozialen Entwickelunq, ciò che si può guadagnare di tempo con una produzione fondata su base razionale. Egli ricercò quale dispendio di forze e di tempo sia necessario per soddisfare i bisogni della popolazione austriaca (21 milioni) calcolando la produzione oggi possibile.
A questo scopo Hertzka fece le dovute ricerche sulla potenzialità di produzione della grande industria nei diversi campi, e ne trasse le sue deduzioni. Vi è compresa la locazione di 10 milioni e mezzo di ettari di suolo coltivabile e i 3 milioni di ettari di pascoli che basterebbero per il numero sopraccennato di popolazione a soddisfare ogni bisogno. Inoltre Hertzka comprese nel suo calcolo la costruzione di abitazioni supponendo che ogni famiglia occupasse una casetta di 180 metri quadrati con cinque vani che potesse durare 50 anni. Ne risultò che per l’economia agricola, per edificare, per la produzione di farina e di zucchero, per l’industria del carbone, del ferro, delle macchine, del vestiario, per l’industria chimica, sono necessarie 615.000 forze lavoratrici che potrebbero essere operose per un anno, secondo la media ordinaria del lavoro giornaliero.
Ma queste 615.000 persone non formano se non il 12,3% della popolazione austriaca atta al lavoro, se si escludono le donne come pure tutti gli uomini, al disotto dei 16 anni o al disopra dei 50. Ma se fossero occupati tutti i 5 milioni di uomini esistenti nel giorno del censimento, come i 650.000, ciascuno di essi dovrebbe lavorare solo 36,9 giorni, in cifra tonda 6 intere settimane per sopperire ai bisogni di 22 milioni di uomini.
Se invece prendiamo 500 giorni di lavoro all'anno di 37, ammesso che la giornata di lavoro sia di 11 ore, non sarà necessaria nella nuova organizza del lavoro che un'ora e tre ottavi i ora al giorno per soddisfare i bisogni più necessari. Hertzka tiene anche conto dei bisogni di lusso delle classi più elevate e trova che per soddisfarli occorrerebbero altri operai, sopra 22 milioni di abitanti. ln totale, considerando alcune industrie insufficienti in Austria, ci vorrebbe un milione di operai, cioè il 20% della popolazione maschile atta al lavoro, esclusa quella che non ha raggiunto i 16 anni, o oltrepassati i 50, per sopperire in 60 giorni ai bisogni complessivi della popolazione.
Infine, se teniamo conto di tutta la popolazione maschile atta al lavoro, dobbiamo concludere che questa dovrebbe in media lavorare 2 ore e mezzo al giorno.[4]
Nessuno si sorprenderà di questi calcoli se considererà le condizioni sociali. Se ammettiamo che in tale periodo di tempo, ad eccezione degli ammalati e degli invalidi, possano lavorare anche gli uomini al disopra dei 50 anni, e che possano occuparsi anche i giovani al disotto dei 16, come pure una gran parte delle donne, quando non debbano attendere all’educazione dei figli, alla preparazione degli alimenti ecc., questa misura di tempo di lavoro potrebbe venire anche ristretta, o si potrebbero notevolmente aumentare i bisogni. Nessuno vorrà contestare che si facciano visibili e importanti progressi nel perfezionamento dei processi di lavorazione che creano nuovi vantaggi. D'altro lato si tratta di soddisfare in tutti una quantità di bisogni che oggi soltanto una piccola minoranza si può permettere, e con una maggiore evoluzione civile sorgono sempre nuovi bisogni, che debbono ugualmente essere soddisfatti. Bisogna ripetere sempre che la nuova società non vuole vivere da proletaria; essa domanda di vivere come un popolo civile altamente evoluto, e questo per tutti i suoi membri, dal primo all'ultimo. 

[ la produzione materiale, artistica e scientifica, e la moda] 

Ma la società non deve soddisfare solo i bisogni materiali, deve rimanere a tutti tempo sufficiente per l’educazione artistica e scientifica di ogni specie e per la ricreazione. Anche in altri punti molto importanti il comunismo socialistico differisce dall’individualismo borghese. Il principio dell'«a buon mercato›› e «cattivo›› che dà e deve dare norma per una gran parte della produzione borghese, perché il maggior numero dei clienti non può comprare mercanzie se non a buon mercato e che sono rapidamente vendute, cade ben presto. Non si produce se non l'ottimo, che dura il maggior tempo possibile e che solo raramente avrà bisogno di essere sostituito. Le pazzie della moda, che favoriscono la dissipazione e spesso la mancanza di gusto, cesseranno del tutto. Senza dubbio si vestirà in modo più conveniente e migliore di quanto si faccia oggi – notiamo passando che le mode dell'ultimo secolo, specialmente per l’uomo, si distinguono per la mancanza di gusto – ma non si pretenderà più d'introdurre una moda ad ogni stagione, pazzia, che da un lato è collegata strettamente con la lotta di concorrenza delle donne fra loro, dall'altro con la vanagloria e il bisogno di far mostra delle proprie ricchezze.
Oggigiorno molti vivono su queste pazzie e nel proprio interesse sono costretti a stimolarle o ad imporle. Con le pazzie della moda nel vestiario verranno meno anche quelle per l'architettura delle fabbriche. Qui l’eccentricità è salita al suo più alto grado. Alcuni stili, che per il loro sviluppo ebbero bisogno di secoli e che esistettero presso i popoli più svariati – non ci si contenta più degli stili architettonici europei, ma si cercano i giapponesi, gl’indiani, ecc. – sono in pochi anni usati e messi da parte. I nostri artisti non sanno più come e dove cercare modelli e disegni. Non hanno appena studiato e si sono provvisti del necessario per uno stile, e credono di potersi dare delle spese, che ne salta fuori uno nuovo, il quale richiede nuovi sacrifici di tempo e di denaro, non che energie fisiche e intellettuali. In questo succedersi di una moda all'altra e di uno stile all'altro si rispecchia la nevrosi del secolo. Nessuno vorrà asserire che in questo stato di orgasmo intellettuale si trovi un segno di benessere o dell'equilibrio della società.
Il socialismo solo potrà di nuovo conferire maggiore stabilità alle abitudini di vita, renderà possibile il riposo e il diletto e sarà il liberatore dello stato presente di orgasmo e di eccitamento. La nevrosi, questo flagello del nostro secolo, dovrà scomparire.
Anche il lavoro dovrà farsi più piacevole. A ciò provvederanno istituti di produzione di buon gusto e praticamente organizzati, la protezione da ogni pericolo, l’eliminazione degli odori spiacevoli, delle esalazioni, del fumo, ecc., in breve di tutto che è nocivo alla salute e molesto. La nuova società si servirà da principio dei mezzi di produzione tolti alla vecchia, ma questi non basteranno. I locali disadatti, gli strumenti e le macchine insufficienti o avariati dal lungo uso, non sono abbastanza per il numero di coloro che domandano lavoro, né per le esigenze della comodità e del diletto. Dunque il bisogno più urgente è di procurare vasti laboratori, luminosi, aereati, arredati e ornati nel modo più perfetto. Arte e tecnica, capacità di testa e di mano, trovano subito vasto campo di attività. Tutti i campi delle costruzioni delle macchine, della fabbricazione di utensili, dell’architettura, e tutti i rami industriali, che si occupano della fornitura interna di questi luoghi, hanno l’occasione migliore per esser messi in opera. Ciò che lo spirito inventivo dell'uomo può creare riguardo ad edifici piacevoli, a conveniente ventilazione, illuminazione e riscaldamento, stabilimenti meccanici e nettezza, viene messo in applicazione. L’economia di forze motrici applicate al riscaldamento, all’illuminazione, al tempo, come le comodità del lavoro e della vita, richiedono la concentrazione dei laboratori in luoghi determinati.
Le abitazioni sono separate dai laboratori e liberate così dagl’inconvenienti della vicinanza degli stabilimenti industriali e dove si esercitano mestieri; e questi stessi inconvenienti saranno limitati al minimo con disposizioni adattate e provvedimenti di ogni genere e finalmente eliminati. Lo stato presente della tecnica ha già sufficienti mezzi per eliminare totalmente le occupazioni più pericolose, come per esempio lo scavo delle miniere e i lavori chimici. Questi mezzi non vengono applicati nella società borghese perché richiedono grandi spese e perché non esiste obbligo di fare più del necessario per la protezione degli operai. Gl’inconvenienti inerenti allo scavo delle miniere possono essere evitati con altro sistema di scavo, con forte ventilazione, con l'introdurre l’illuminazione elettrica, con l’abbreviare le ore di lavoro e col cambio frequente delle forze lavoratrici. Non occorre particolare avvedutezza per trovare mezzi di protezione che rendano quasi impossibili le disgrazie nella costruzione delle fabbriche e rendano il lavoro sempre gradito. Si può provvedere a evitare l’eccessivo calore del sole e la pioggia durante la costruzione delle fabbriche.
Nella società socialistica si disporrà di sufficienti forze lavoratrici per il frequente cambio di esse e per la concentrazione di alcuni lavori in determinate stagioni e ore del giorno.
La chimica e la tecnica hanno già oggi completamente trovato il modo di liberarci dal fumo, dalla fuliggine, dai cattivi odori. Se non s’applicano i rimedi, o si applicano solo in parte, dipende dal fatto che gli intraprenditori privati non vogliono impiegare i mezzi necessari. I luoghi di produzione dell'avvenire, ovunque si trovino, sopra o sotto terra, si distingueranno dai presenti nel modo più evidente e vantaggioso. Il miglioramento delle condizioni attuali per l’economia privata è questione di danaro. Ci si domanda: l’industria potrà permetterlo? Vi sarà convenienza? Se questa non vi è, l’operaio va in rovina. Il capitalista non s'interessa dove non vede profitto. L’umanità non ha corso alla borsa [5].
Nella società socialistica la questione del profitto ha finito di rappresentare la sua parte; per essa non esiste altra considerazione se non il bene dei suoi membri. Quanto è a loro vantaggio e protezione dev'essere introdotto; ciò che li danneggia dovrà cessare.
Nessuno verrà obbligato a prestarsi ad un gioco pericoloso. Quando vengono messe in opra imprese pericolose, si può essere sicuri che vi sono volontari in quantità e tanto più perché non si tratta mai d'imprese che distruggono la cultura, bensì che la favoriscono.
L’estesa applicazione delle forze motrici, delle macchine e degli strumenti più perfetti, la suddivisione del lavoro e l’abile combinazione di tutte le forze lavoratrici, porteranno la produzione a tale altezza che per procurare il necessario per i bisogni della vita potranno essere assai diminuite le ore del lavoro. La maggiore produzione reca vantaggio a tutti; la compartecipazione al prodotto aumenta con la produttività del lavoro, e la crescente produttività rende possibile di diminuire ancora le ore del lavoro ritenute necessarie. 

[ il lavoro e altre forze motrici: l’elettricità, i combustibili, il lavoro del sole ]

Tra le forze motrici che verranno messe in applicazione l’elettricità occuperà il primo posto. Già la società borghese si sforza ovunque di servirsene. Quanto più essa si estende e si perfeziona, tanto meglio è per il generale progresso. L’azione rivoluzionaria di questa forza, la più potente fra le naturali, spezzerà le catene del mondo borghese e schiuderà la via al socialismo. Ma il profitto più completo e l’applicazione più estesa di questa forza si troverà soltanto nella società a sistema socialistico.
Se si effettueranno soltanto in parte i progetti manifestati finora per la sua applicazione, l’elettricità contribuirà come forza motrice, come sorgente di luce e di calore al miglioramento delle condizioni della società. L’elettricità si distingue da ogni altra forza in ciò: che essa esiste in natura in abbondanza. I nostri corsi d'acqua, il flusso e riflusso del mare, il vento, la luce solare, se convenientemente utilizzati, forniscono innumerevoli cavalli di forza. «Una ricchezza di energie che di gran lunga sorpassa ogni bisogno, offrono quelle parti della superficie terrestre regolarmente riscaldate dal calore solare e precisamente per solito là dove non vengono utilizzate e sono anzi importune, e dove potrebbe eseguirsi un'attività regolare tecnica. Forse non sarebbe speculazione sbagliata se una nazione fin da ora si assicurasse un dominio in tali contrade. Non occorrono grandi estensioni di terreno; poche leghe quadrate nell'Africa settentrionale sarebbero sufficienti per i bisogni di un paese come l'impero germanico. Con la concentrazione del calore solare si può produrre una temperatura elevata e con essa tutto il resto: lavoro meccanico trasportabile, batterie ed accumulatori, luce e calore o, per elettrolisi, anche direttamente materiale combustibile [6].

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[1] . «L’emulazione, che incita ai più potenti sforzi per riscuotere la lode e l’ammirazione del pubblico, si dimostra con l’esperienza utile ovunque gli uomini gareggino pubblicamente uno con l’altro, anche se si tratti di cose frivole e dalle quali il pubblico non ritragga utilità alcuna. Ma l’emulazione quando si possa fare per il bene generale, ha una specie di concorrenza che i socialisti non respingono.›› (John Stuart Mill, Economia politica). Ogni riunione di persone che tenda agli stessi scopi, fornisce numerosi esempi di aspirazioni elevate, la cui conseguenza non è un successo materiale, ma ideale. I contendenti vengono spinti dall’ambizione di distinguersi, dal desiderio di essere utili alla causa comune; ma questa specie di ambizione è una virtù, eccitata per il bene di tutti e in cui anche il singolo individuo trova la sua soddisfazione. L’ambizione è soltanto nociva e spregevole, quando si manifesta a danno della generalità e a spese altrui.

[2] . Von Thünen dice nell’opera Der isolirte Staat! » (Rostock): « Nel conflitto degli interessi sta la ragione perché proletari e possidenti stanno di fronte gli uni agli altri in atteggiamento ostile, e non si riconcilieranno finché non sarà eliminata la differenza degl'interessi. Non solo il benessere del suo padrone, ma anche le entrate nazionali possono aumentare per le scoperte nelle fabbriche, per la costruzione di strade maestre e di ferrovie, per nuove relazioni commerciali. Ma nel presente ordinamento sociale l’operaio non ne viene beneficato. La sua posizione rimane tale quale e tutto l'aumento delle entrate è a beneficio esclusivo degl’intraprenditori, dei capitalisti, dei proprietari.» Quest’ultima proposizione s'accorda quasi letteralmente con la frase di Gladstone espressa al Parlamento Inglese ove egli nel 1864 dichiarava: «Il pazzo aumento di entrate e di potere, che ha subìto in questi ultimi venti anni l’Inghilterra è rimasto esclusivamente ai possidenti.›› E a pag. 297 della sua opera von Thünen dice: «Il male sta nella separazione dell’operaio dal suo prodotto.» Morelly così si esprime nei suoi Prinzipien der Gesetzgebung: «La proprietà si divide in due classi: in ricchi e in poveri. Quelli, amano il loro patrimonio e non vogliono difendere lo Stato; questi, non possono amare la patria perché non concede loro se non miseria. Ma tutti amano la patria nel comunismo, poiché ognuno ne riceve vita e felicità».
[3] . Nel misurare i vantaggi e i danni del comunismo, Stuart Mill dice nella sua Economia politica›: «Nessun terreno può essere più favorevole allo sviluppo di un tale concetto (quello, cioè, che l’interesse del pubblico sia anche del privato) di quanto sia la società comunistica. Ogni ambizione, come ogni attività fisica e intellettuale, che adesso si stancano nella ricerca d’interessi, particolari ed egoistici, domanderebbero un'altra sfera d'azione e la troverebbero negli sforzi per il generale benessere››.

[4] . Che cosa dice di questo calcolo Eugenio Richter nelle sue Irrlehren [Eresie]? Egli mette in ridicolo l'enorme limitazione di lavoro da noi esposta in quest’opera, determinata dal dovere generale di lavorare e dalla più alta organizzazione tecnica dei sistemi di lavoro. Egli cerca di abbassare la potenzialità produttiva della grande industria e d’ingrandire invece l’importanza delle piccole industrie, per potere asserire che non si può la maggiore produzione affermata. Per poter far sembrare il socialismo cosa impossibile, questi difensori dell'ordine attuale screditano i pregi dell'ordinamento stesso della loro società.

[5] . «Il capitale, dice il Quarterly Reviever, fugge il tumulto e la lotta ed è di natura timido. Ciò è vero, ma non è tutta la verità. Il capitale ha orrore della mancanza di guadagno, o del piccolo guadagno, come la natura del vuoto. Con un profitto conveniente il capitale diventa ardito. Col 10% sicuro lo si può impiegare da per tutto; col 20% si anima, col 50% si fa rischioso, col 100% calpesta tutte le leggi umane sotto ti piedi; col 300% °/0 non vi è delitto che non rischi anche col pericolo della forca. Se il tumulto e la lotta portano profitto, il capitale non mancherà di incoraggiarli entrambi». (Carlo Marx, Il capitale, 1° vol. II ediz. nota a pag. 250).

[6] . Die Energie der Arbeit and die Anwendung des elektrischen Stromes, Fr. Kohlrausch Lipsia, 1900. Duncker e Humblot.