LA DONNA E IL SOCIALISMO

August Bebel . 1883 . ediz.1905
arteideologia raccolta supplementi
made n.18 Dicembre 2019
LA RIPRESA DELLE OSTILITÀ
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LA DONNA NEL PRESENTE . 8

LA POSIZIONE GIURIDICA E POLITICA DELLA DONNA

[ il diritto romano e il diritto germanico ]

La dipendenza sociale di una razza, di una classe, o di un sesso trova sempre la sua espressione nelle leggi e nelle istituzioni politiche del paese. Le leggi sono soltanto la condizione sociale di un paese formulata in precetti giuridici, che ne rappresentano gl’interessi. La donna, come sesso dipendente e soggetto, trova nella legge assegnata la sua posizione. Le leggi sono negative e positive; negative, nel senso che nella distribuzione dei diritti non prendono nemmeno in considerazione gli oppressi ; positive, in quanto che affermano questo stato di soggezione ed indicano qualche eccezione.
Il nostro diritto comune si basa sul diritto romano che considera l’uomo come un essere capace di possedere. L’antico diritto germanico, che teneva più in conto la donna, ha conservato solo in parte la sua efficacia. Come nell’idiona francese nell’essere umano e l’uomo è usato lo stesso vocabolo l’homme, e nell’inglese man, così il diritto francese riconosce l’essere umano solo nell’uomo, e lo stesso è stato fino a pochi decenni fa in Inghilterra, dove la donna si trovava nelle più assoluta dipendenza dell’uomo. Altrettanto avveniva nell’antica Roma. Vi erano i cittadini romani e le mogli dei cittadini romani, ma non esistevano cittadine romane. 

[ in Germania ] 

In Germania la condizione legale della donna è migliorata in quanto che ad un variopinto insieme di diritti comuni è subentrato un unico diritto civile mediante il quale i diritti civili posseduti qua e là vennero generalizzati. Con esso la donna nubile ha ottenuto il diritto illimitato di tutela; le donne in genere, quello di fungere da testimonio nei matrimoni e nei testamenti; di più completa abilitazione negli affari, cioè il diritto di stringere contratti, eccettuato il caso che, come mogli, si obblighino di persona ad un pagamento, ma non possono senza il consenso del marito assumere un tutela. Il  dovere per la comunità matrimoniale dei beni esiste per entrambe le parti, finché una di esse non abusi del suo diritto. Ma se le vedute dei coniugi sono in contraddizione, sta al marito di decidere; specialmente è arbitro di scegliere il paese  e la residenza dove stabilirsi.
L'abuso dei diritti da parte del marito dispensa la moglie dall'obbedienza. La direzione della casa compete esclusivamente alla moglie; essa possiede il così detto diritto delle chiavi, in forza del quale nella sfera domestica può provvedere agli affari del marito e rappresentarlo.
Il marito dev'essere garante degli obblighi da lei contratti, ma può ancora toglierle il diritto delle chiavi o limitarlo. Se abusa però di questo diritto, il tribunale di tutela lo priva di questo potere. La moglie ha il dovere di occuparsi dei lavori domestici e degli affari del marito, ma solo quando tali attività sono concordi  con le condizioni sociali del marito.
Il parlamento ha rigettato la domanda di introdurre come regola generale la separazione dei beni dei coniugi. Questa può essere soltanto assicurata dal contratto matrimoniale, cosa spesso negletta nei matrimoni e che conduce in seguito a inconvenienti insopportabili. Al contrario è stata introdotta la comunità di amministrazione. Appartiene al marito l'amministrazione e l'usufrutto del patrimonio della moglie, ma il diritto è limitato alla dote, mentre appartiene alla moglie l’amministrazione e il disporre a piacere del frutto ricavato durante il matrimonio dal proprio lavoro o da qualsiasi commercio. Il marito non ha diritto di costringere la moglie a un determinato impiego del suo capitale. La moglie può anche domandare una garanzia, se nutre fondato timore che i suoi averi corrano pericolo, ciò che purtroppo viene spesso a conoscere troppo tardi. Può anche chiedere sia tolta al marito la comunità d’amministrazione se questi con la sua condotta mettesse in serio pericolo il mantenimento della moglie e dei figli.
Il marito è punito per i danni derivati dalla cattiva amministrazione.
La separazione può essere causa per la donna di gravi ingiustizie, perché appartiene al marito il capitale guadagnato dal lavoro comune, anche se i torti sono suoi e la moglie è quella che ha maggiormente guadagnato. Essa può pretendere un assegno adeguato alla loro condizione se non ne ha a sufficienza delle rendite del suo patrimonio o dei suoi guadagni. Resta ancora al marito quel patrimonio accumulato con le rendite non spese della dote della moglie. Il potere paterno è sostituito da quello dei genitori, ma in caso di diversità di opinione fra genitori, l'opinione del padre è quella che ha maggior peso. Alla morte di questo l’esercizio del potere dei genitori, compreso l’usufrutto del patrimonio dei figli, spetta alla madre. Una donna separata, quando anche abbia diritto all’educazione dei figli, è priva del diritto di patrocinio e di amministrazione del patrimonio di essi, mentre al contrario il padre gode i pieni diritti dei genitori. 

[ Inghilterra ] 

In Inghilterra fino al 1870 la consuetudine del paese accordava al marito il possesso dei beni mobili della moglie. Ad essa rimaneva solo il possesso degli immobili, restando però sempre al marito l’amministrazione e l’usufrutto di essi. Davanti alla legge la donna inglese non rappresentava nulla; essa non poteva adempiere azione giuridica di sorta, né fare testamento che avesse valore: era la schiava del marito. Il marito era responsabile dei delitti della moglie commessi in sua presenza; questa era considerata una minorenne.
Se recava danno ad alcuno veniva giudicata alla stessa stregua di un animale domestico ed il marito doveva risponderne. Secondo un sermone tenuto dal vescovo I. R. Wood nella cappella di Westminster, un secolo fa,  la moglie non poteva mangiare a tavola, né osare di parlare senza essere interrogata. A capo del letto, quale insegna del potere maritale, stava una frusta, che il marito poteva adoperare quando la moglie si mostrava di cattivo umore. Solo le figlie dovevano obbedire ai suoi comandi: i figli la consideravano una serva.
Con la legge del 1870 e 1882 la moglie rimane, non solo proprietaria del patrimonio portato in dote, ma di tutto ciò che guadagna, o che per eredità o per donazione riceve. Queste disposizioni legali possono essere alterate solo per speciale contratto fra i coniugi. In questo la legislazione inglese ha seguito l'esempio degli Stati Uniti. 

[ altri paesi europei ] 

Particolarmente arretrato per la donna è il codice civile francese, quello della maggior parte dei cantoni svizzeri, del Belgio, ecc. Secondo il codice francese era accordata al marito la domanda di separazione se la moglie si rendeva colpevole di adulterio, mentre, per l’art. 230, la moglie non poteva avanzare simile proposta se non quando il marito portasse una concubina setto il tetto maritale. (Questo articolo è stato abolito con la legge sul divorzio del 27 luglio 1884, ma nel codice penale francese è rimasta una discordanza, che contrassegna efficacemente il legislatore francese. Se la moglie commette un adulterio è punita con la prigionia da 3 mesi a 2 anni; il marito è punito soltanto se tiene in casa una concubina e la mogli gli intenta lite. Riconosciuto colpevole egli deve pagare allora una multa da 100 a 2000 franchi (art. 337 e 339 codice penale). Tale ineguaglianza di diritti non esisterebbe se le donne potessero sedere nel parlamento francese.
Altrettanto accade in Belgio. La punizione per l'adulterio della moglie è la stessa che in Francia; il marito è punito soltanto, quando l'adulterio sia commesso in casa, con un mese fino a un anno di prigionia. Nel Belgio sono un poco più giusti che in Francia, ma anche qui esistono due leggi, una per il marito, l'altra per la moglie.
Per l’influenza della legge francese simili disposizioni hanno vigore in Ispana e in Portogallo.
Il codice civile italiano del 1805 concede alla moglie il diritto di separazione solo quando il marito tenga una concubina in casa, o in luogo dove la dimora di essa possa essere considerata un'offesa particolarmente grave per la moglie.
In Francia, in Belgio e nella Svizzera la donna, col matrimonio, si mette sotto la tutela del marito.
Secondo l’art. 215 del codice civile essa non può comparire in giudizio senza il consenso del marito e di due prossimi parenti, e ciò anche esercitando pubblicamente un commercio. Per l’art. 213 il marito deve proteggere la moglie ed essa deve rimanergli sottomessa. Secondo il concetto di Napoleone I, per la posizione della donna, abbiamo un motto caratteristico noto anche oggi: In primo luogo non è Francese una donna che fa ciò che le aggrada.[1]
Nei suddetti Stati la donna non può fungere nemmeno da testimonio nei contratti, nei testamenti e negli atti notarili. Per l’opposto –  strana contraddizione – si lascia che la donna faccia da testimonio in tribunale, in ogni genere di contingenze criminali dove la sua testimonianza può anche a volte condurre un uomo al patibolo. Per quanto riguarda il diritto criminale essa è considerata da per tutto uguale all’uomo e per ogni delitto e misfatto è condannata alla stessa stregua.
Di questa contraddizione non hanno coscienza i nostri signori legislatori. Come vedova la donna può fare testamento per l'eredità che lascia, ma in molti stati non può fare da testimonio nei testamenti. Eppure, secondo l'articolo 1029 del codice civile, può essere nominata esecutrice testamentaria. In Italia dal 1877 è ammessa legalmente come testimone civile.
Secondo il diritto del cantone di Zurigo il marito è il tutore della moglie; egli ne amministra il patrimonio e la rappresenta di fronte a un terzo. Il codice civile autorizza il marito ad amministrare il patrimonio portato dalla moglie all'atto del matrimonio, a venderne i beni, ad alienarli, a gravarli d'ipoteche, senza bisogno della sua cooperazione né del suo assentimento. Simili precetti esistono, oltre che nel cantone di Zurigo e in altri cantoni svizzeri, in Francia, nel Belgio, nel Lussemburgo, nei Paesi Bassi, in Ispagna, nel Portogallo, nella Svezia e in Danimarca. I paesi nei quali si può escludere la comunità  dei beni sono, oltre la Germania ed una gran parte della Svizzera, l’Austria, la Polonia e le province del Baltico. quelli dove esiste la piena indipendenza della moglie riguardo alla sua proprietà sono: l’Italia, la Russia, la Gran Bretagna, l'Irlanda.
In Norvegia una legge del 1888 decreta nell'amministrazione dei beni dei coniugi che la donna maritata abbia la stessa facoltà di disporre dei suoi averi come la donna nubile, eccettuato solo alcuni casi contemplati dalla legge. In questa è detto che col matrimonio la donna perde la libertà. Chi potrebbe biasimarla se con tale disposizione essa rinunziasse al matrimonio formale, come per esempio avviene così spesso in Francia?
Secondo il diritto di Berna, ciò che guadagna la moglie appartiene al marito. Lo stesso accade in molti cantoni svizzeri, in Francia, nel Belgio. La conseguenza è che la donna si trova sovente in una condizione di vera schiavitù. Il marito spreca con donne dissolute o all'osteria i guadagni della consorte, o fa debiti o giuoca, lasciando la moglie e i figli morir di fame, ed ha anzi il diritto di prendere dal padrone, presso cui lavora la moglie, il salario di lei.
La Svezia, con la legge dell'11 dicembre 1874, ha assicurato alla moglie il diritto di disporre liberamente dei guadagni personali. La Danimarca ha fatto altrettanto. Di più, secondo la legge del paese, il patrimonio della moglie non può essere adoperato per saldare i debiti del marito. Lo stesso dice la legge norvegiana del 1888 [2].
Secondo le attuali leggi della maggior parte delle nazioni, appartiene al padre il diritto di educare i figli e di decidere dell'educazione di essi. Qua e là si accenna alla collaborazione subordinata della madre.
L'antico diritto romano, che sta in assoluta opposizione col diritto materno, che accorda al padre tutti i poteri sui figli, forma dovunque il fondamento delle legislazioni.
Fra gli Statii continentali quello che accorda la condizione più libera alla donna è la Russia, ciò che si deve alle istituzioni comunistiche ancora vigenti, o al ricordo delle passate. Ivi la moglie è ra l’amministratrice delle proprie sostanze; essa ha uguali diritti nell'amministrazione della comunità. Il comunismo è la condizione sociale più favorevole alla donna, come ce lo dimostra l’epoca del diritto materno [3].
Negli Stati Uniti le donne hanno acquistato la piena uguaglianza giuridica ed hanno anche impedito che fossero introdotte le leggi inglesi, o simili, sulle prostitute.
L'evidenza indiscutibile dell’ineguaglianza giuridica della donna di fronte all'uomo ha risvegliato nelle più progredite fra loro l'aspirazione alla conquista dei diritti politici per raggiungere, mediante la legislazione, l’uguaglianza giuridica. Lo stesso pensiero spinse le classi operaie ad agitarsi per la conquista dei diritti politici. Ciò che è giusto per la classe operaia, non può essere ingiusto per la donna. Oppressa, senza diritti legali, spesso trascurata, essa non solo ha il diritto, ma il dovere di difendersi e di attaccarsi a qualunque mezzo le sembri buono per conquistare una posizione indipendente.
A queste aspirazioni, naturalmente, si oppongono i reazionari.
Osserviamo con quale diritto. 

[ la donna nella storia e nella rivoluzione ] 

In tutte le epoche e presso i popoli più disparati, donne d'intelligenza superiore hanno avuto influenza politica anche là, dove non avevano il potere nelle mani come sovrani. Anche la corte papale non è stata esclusa.
Se non potevano ottenere influenza diretta e per la via di diritto, ricorrevano alla preponderanza spirituale, anche alla cabala e all’intrigo. La loro influenza fu specialmente grande per secoli alla corte francese, ma grande pure nella spagnola e nell’inglese.
Verso la fine del secolo XVII alla corte di Filippo V Maria di Trémouille, duchessa di Bracciano e principessa di Ursino, fu per tredici anni primo ministro di Spagna e condusse mirabilmente per quel tempo la politica spagnola. Anche come favorite dei regnanti le donne hanno saputo spesso assicurarsi con maestria un’influenza politica. Rammenteremo solo i nomi conosciuti della Maintenon, favorita di Luigi XIV, e della Pompadour favorita di Luigi XV.
Né rimasero estranee alla grande battaglia intellettuale che ebbe luogo nel secolo XVIII con uomini quali Montesquieu, Voltaire, d'Alembert, Holbach, Helvetius, La Mettrie, Rousseau e moili altri. Molte di esse ebbero per scopo di partecipare al movimento per seguire la moda, o per soddisfare la loro tendenza all’intrigo, o per altri motivi non sempre elevati, che misero in dubbio e distrussero il diritto di tutte le basi dello Stato e della società feudale, ma buon numero vi si dedicarono per vivo interesse e per entusiasmo per la grande idea. Già un decennio prima dello scoppio della grande rivoluzione, che quale uragano purificatore passò sulla Francia calpestando tutto ciò che era vecchio e introducendo nel mondo civile lo spirito del progresso, le donne erano accorse numerose nei circoli scientifici e politici ed avevano preso parte alle discussioni filosofiche, di scienze naturali, religiose, sociali, politiche, e le avevano trattate con acutezza d’ingegno fino allora sconosciute. E quando infine nel luglio del 1789 s'iniziò la grande rivoluzione con la presa della Bastiglia, furono le donne, sia delle alte classi sociali come del popolo, che parteciparono più attive al movimento esercitando una speciale influenza pro e contro. Eccessive nel bene come nel male, parteciparono a tutte le contingenze che si presentarono.
Molti storici hanno raccontato a preferenza gli eccessi delle rivoluzioni, che nelle circostanze dei tempi non erano se non troppo naturali, dovuti all’esacerbazione degli animi per la corruzione e lo sfruttamento, la frode, il vituperio, l’onta e l’inganno imposto dalle classi dominanti al popolo, e hanno taciuto degli eroismi. Sotto l’influenza di queste descrizioni unilaterali scrisse Schiller: Le donne divennero jene e agirono con raccapricciante scherno. E pure in quegli anni esse diedero tanti esempi di eroismo. di magnanimità, di meravigliosa abnegazione che, se si scrivesse un libro imparziale sulle donne e la grande rivoluzione si erigerebbe loro una luminosa statua d’onore. Anche secondo Michelet le donne erano l’avanguardia nella rivoluzione.
La generale miseria che regnava nel popolo francese sotto il vergognoso governo borbonico, colpiva, come sempre in simili casi, a preferenza le donne. Escluse per legge da ogni onesto guadagno, cadevano a migliaia vittime della prostituzione. Si aggiunse la carestia del 1789 che le ridusse con i loro dipendenti nella più squallida miseria, la quale nell'ottobre le spinse all'assalto del palazzo di città e alla marcia su Versailles, sede della corte; ma fu pure causa che una parte di esse presentasse all'assemblea nazionale un memoriale il quale chiedeva che « fosse ristabilita l'uguaglianza fra l’uomo e la donna, la libertà di lavoro e di mestiere e il collocamento in quegli uffici adatti alle loro attitudini ». E quando si persuasero che per ottenere giustizia dovevano far uso della forza, che non si poteva avere se non organizzandosi e tenendosi riunite in massa, sorsero dappertutto in Francia circoli femminili ai quali si iscrissero un numero straordinario di membri, e presero parte anche alle assemblee degli uomini. Allorché la geniale madama Roland preferì avere una parte politica fra gli uomini di stato della rivoluzione, i Girondini, l'ardente ed erudita Olimpia de Gonges si assunse la direzione delle donne del popolo e le rappresentò con tutto l’entusiasmo del suo temperamento.
Quando nel 1793 la Convenzione proclamò i diritti dell'uomo essa capì subito che si trattava soltanto dei maschi e non delle femmine. A questi diritti il 28 brumaio (20 novembre 1793) Olimpia de Gonges, Luisa Lacombe ed altre contrapposero in diciassette articoli i diritti della donna.
« Se la donna ha il diritto di salire al patibolo, deve avere anche il diritto di salire alla tribuna. »
Questa aspirazione delle donne rimase delusa, mentre al contrario il diritto di salire il patibolo ebbe sanguinosa affermazione.
La pretesa di sostenere i diritti della donna e la lotta opposta alla prepotenza della Convenzione fece sembrare a quest'ultima maturo il tempo per mandarle al patibolo. La loro testa cadde nel novembre dello stesso anno e cinque anni dopo cadeva anche quella di Madama Roland. Esse morirono da eroine.
Poco prima della loro morte la Convenzione aveva affermato i suoi sentimenti ostili alla donna decretando la soppressione di tutti i circoli femminili e, più tardi, quando le donne continuarono a protestare contro l’ingiustizia usata loro con la proibizione di presentarsi alla Convenzione e alle pubbliche assemblee, si spinse anche più innanzi e le trattò da faziose.
Tosto che la Convenzione di fronte alla reazione europea dichiarò la patria in pericolo chiamando le masse alle armi, le donne parigine si offersero di fare ciò che venti anni dopo fecero di fatto le animose donne prussiane, cioè di difendere la patria col fucile in mano, sperando con ciò di provare il loro diritto all’uguaglianza. Ma nella Comune venne loro incontro il radicale Chaumette gridando: « Da quando in qua è permesso alle donne di rinnegare il loro sesso per far da uomini ? Da quando è im uso  vederle abbandonare le tenere cure domestiche, il cullare i propri figli, per venire in piazza ad arringare il popolo dalla tribuna, entrare nelle file dell’esercito, con una parola infine, adempiere quei doveri assegnati da natura all’uomo ? Questa gli ha detto: “ Sii uomo ! Le corse, la caccia, l’agricoltura, la politica e le occupazioni di ogni genere siano privilegio tuo! ”. Essa ha detto alla donna: “Sii donna! La cura dei figli, la custodia della casa, le dolci inquietudini della maternità, ecco il tuo còmpito!”.  Incaute donne, perché volete diventare uomini ? Non sono forse essi abbastanza divisi ? Che cosa chiedete di più? In nome della natura rimanete ciò che siete, e lungi dall'invidiarci i pericoli di una vita sì burrascosa, contentatevi di farceli  dimenticare nel seno delle nostre famiglie, lasciando riposare i nostri occhi sullo spettacolo inebriante dei nostri figli resi felici dalle vostre cure ».
Senza dubbio le parole di Chaumette scenderanno al cuore della maggior  parte dei nostri uomini; noi pure crediamo sia desiderabile un'equa divisione di lavoro: lasciare agli uomini la difesa della patria, alle donne la cura della casa e del focolare domestico; ma il discorso di Chaumette non contiene che frasi. Ciò che egli dice delle fatiche dell’uomo per la coltivazione dei campi non regge, poiché fino dai tempi più antichi la donna ha avuto in essa la parte non meno gravosa. La caccia e le corse non sono poi fatiche, ma bensì ricreazioni per l’uomo, e la politica ha solo pericoli per chi va contro alla corrente, ché del resto offre anch’essa tanti piaceri quante fatiche. E’ l’egoismo maschile che si traduce in questa arringa.
Uguali aspirazioni a quelle suscitate dal movimento degli enciclopedisti e della grande rivoluzione in Francia  sorsero anche negli Stati Uniti quando nei due decennî del 1770 e del 1780 avanzarono la pretesa di rendersi indipendenti dall'Inghilterra e formarono una costituzione democratica. Qui furono in prima linea Mercy Ottis Warren, la moglie del secondo presidente degli Stati Uniti, la signora Adams ed altre donne di simili opinioni che combatterono per l’uguaglianza dei diritti politici. Ad esse si deve se lo stato di New Jersey accordò alla donna il diritto di voto, che fu poi di nuovo tolto nel 1807. Già  prima dello scoppio della rivoluzione francese Condorcet, che divenne poi Girondino, in uno splendido Essai aveva sostenuto il diritto di voto per la donna e la piena uguaglianza politica del suo sesso.
Sdegnata per i terribili avvenimenti della vicina nazione, la valorosa Maria Wollstonecraft, nata nel 1759, sollevò al di là della Manica la sua voce. Nel 1790 scrisse contro Burke, il violento avversario della rivoluzione francese, un libro nel difendeva i diritti dell'uomo. Presto però passò a chiedere gli stessi diritti per il proprio sesso. Questo accadeva nel 1792 con l’apparire della sua opera: A vindication of the rights of women, nella quale, facendo un'acerba critica al proprio sesso, chiedeva e difendeva arditamente la perfetta uguaglianza per il bene di tutti. Ma, com’è naturale, essa incontrò la più violenta opposizione e gli attacchi più acerbi ed ingiusti. Per le gravi lotte morali venne meno disconosciuta e derisa dai suoi contemporanei.
Ma il fatto più sorprendente è che al tempo stesso in cui in Francia, in Inghilterra e negli Stati Uniti si facevano i primi seri tentativi per sostenere l’uguaglianza politica della donna, in Germania, allora tanto arretrata, un dotto tedesco, Th. G. von Hippel, pubblicò un libro dove, conservando da prima l’anonimo, sotto il titolo Ueber die bürgerliche Verbesserung der Männer (Berlino, 1792) sosteneva l’uguaglianza dei diritti della donna. Era un tempo in cui in Germania un'opera intitolata Sul miglioramento borghese degli uomini avrebbe avuto la stessa ragione di esistere. Perciò più sorprendente è il coraggio dell'uomo che in questo libro tira tutte le conseguenze per l’uguaglianza sociale e politica dei sessi e la difende abilmente e con spirito.
Dopo di allora tacquero per lungo tempo le aspirazioni all'uguaglianza politica dei sessi, ma essa è diventata a poco a poco un postulato nel progredito movimento femminile di tutti i paesi civili ed in alcuni di essi è già giunta a realizzazione.
In Francia sostennero l’uguaglianza sociale dei sessi i Sansimonisti ed i Fourieristi e nel 1848 il fourierista Considerant ne propose nella commissione costituzionale del parlamento francese di accordare l'uguaglianza dei diritti politici alle donne. Nel 1851 Pierre Leroux ripeté la proposta alla camera, ma con uguale insuccesso.
La prima petizione per accordare il diritto di voto alla donna fu presentata in Inghilterra alla camera dei comuni nel 1832, da sir Robert Peel. Nel 1867 John Stuart Mill propose per la prima volta che le donne che pagavano le imposte fossero accettate nella lista elettorale.
La proposta fu respinta con 19 voti contro 73 – una rispettabile minoranza.[4]

[ oggi le cose vanno diversamente ] 

L'evoluzione, le condizioni generali, hanno assunto nuova forma cambiando ancora la condizione della donna. Più di prima essa è legata strettamente con l'andamento dello sviluppo sociale e più di prima vi prende essa stessa parte attiva. Vediamo come in tutti gli Stati civili centinaia di migliaia e milioni di donne, come di uomini, sono occupate nelle più svariate carriere, e come cresce di anno in anno il numero di quelle  che, fidando solo nelle loro forze e nelle loro capacità, debbono sostenere la lotta per l’esistenza.
Come l’uomo, esse non possono rimanere indifferenti all'andamento delle condizioni politiche e sociali, né estranee alle questioni come, per esempio: quale sarà la politica interna e la politica estera che favorisce o no la guerra, se lo stato tiene ogni anno sotto le armi centinaia di migliaia di uomini sani e vigorosi e se ne manda all'estero qualche diecina di migliaia; o se si provvede alle necessità della vita elevando le tasse e le dogane, che colpiscono più duramente le famiglie quanto più esse sono numerose, in un tempo in cui i mezzi di sussistenza sono per la maggioranza assai limitati. Inoltre la donna paga direttamente e indirettamente tasse col suo assegno e con le sue rendite per le spese del mantenimento. Il sistema di educazione è per lei di sommo interesse, poiché da esso dipende molto la condizione del suo sesso e, come madre, il suo interesse raddoppia. Infine i milioni di donne occupate in mille rami d'industrie sono vivamente interessate alle condizioni della nostra legislazione sociale. Le questioni che riguardano la durata delle giornate di lavoro, il lavoro notturno, festivo e dei fanciulli, i salari e il periodo di tirocinio, le misure protettive nelle fabbriche e negli opifici, in poche parole la protezione degli operai, sono di eguale interesse per l’uomo come per la donna. 

[ obiezioni all’uguaglianza ]

Gli operai hanno una conoscenza imperfetta, o ignorano completamente le condizioni di alcuni rami d'industria, nei quali le donne sono esclusivamente o a preferenza occupate. Gli intraprenditori hanno tutto l’interesse di nascondere gl’inconvenienti cui esse dànno luogo, ma le ispezioni delle fabbriche non si estendono spesso ai rami d’industria nei quali sono occupate soltanto le donne; esse sono ancora insufficienti, sebbene qui più che altrove siano necessarie le misure protettive. Basta solo accennare ai laboratori in cui nelle nostre grandi città si accalcano cucitrici, sarte , modiste ecc. Di lì non giunge quasi voce di lamento e finora nessuna ispezione si spinge fin là.
La donna è interessata anche come consumatrice nelle leggi che regolano il commercio ed i diritti della borghesia. Non vi è dunque da dubitare che, analogamente all’uomo, abbia il maggiore interesse di esercitare come legislatrice un’influenza sulle condizioni sociali. La sua partecipazione alla vita pubblica darà a questa notevole impulso ed aprirà nuovi orizzonti.
A queste previsioni viene obbiettato che le donne non s'intendono di politica; generalmente non vogliono nemmeno saperne e non saprebbero quale uso fare del diritto di voto. Ciò ha la sua parte di vero.
Finora poche donne, almeno in Germania, hanno domandato l’uguaglianza politica. La prima donna che verso la fine del 60 ne fece richiesta fu la signora Hedwig Dohm. Al giorno d'oggi sono principalmente le operaie socialiste che promuovono un’agitazione per ottenerla, ed anche tra le donne della classe borghese il numero dei proseliti si fa sempre maggiore.
Non è provato che le donne abbiano preso solo debole interesse al movimento politico, e, se fino adesso non se ne curarono, non vuol dire che non possano in seguito.
Le stesse ragioni addotte per negare il diritto di voto alle donne furono fatte valere verso la metà del 1860 contro il suffragio universale per gli uomini. L'autore di questo libro apparteneva fino al 1863 al numero di coloro che si dichiaravano contrari, mentre quattro anni dopo egli doveva al suffragio universale la sua elezione al Parlamento. A migliaia d’altri è accaduto lo stesso: da Sauli divennero Pauli. Vi sono anche molti che o non fanno uso dei loro diritti politici, o non intendono farne uso, ma non è questa una buona ragione per privarneli e non vi sarà nessuno che voglia farlo. Nelle elezioni parlamentari il 25 o il 30% degli elettori non vota, e questi individui appartengono a tutte le classi sociali. E del 70 o 75% dei votanti, che resta la maggior parte vota come, secondo il nostro concetto, non dovrebbe votare, se comprendesse il suo vero interesse.
Nella mancanza di educazione politica sta la ragione di questa incoscienza.
Ma l'educazione politica non si ottiene tenendo lontane le masse dagli affari pubblico, bensì accordando loro l'esercizio dei diritti politici. Senza scuola non si diventa maestri. Le classi dirigenti hanno sempre avuto interesse a mantenere il popolo nell'ignoranza politica. Fino ad oggi fu quindi compito di una minoranza, conscia dello scopo cui mirava, il combattere energicamente e intelligentemente per gli interessi della generalità, e di scuotere o trascinare seco la massa inerte. >

Così è sempre successo in tutte le grandi rivoluzioni, e quindi non deve meravigliare né scoraggiare che altrettanto accada nell’agitazione per la causa della donna. I successi ottenuti mostrano che le fatiche e i sacrifici trovano ricompensa, e che nell’avvenire sta la vittoria.
Il giorno in cui le donne otterranno uguali diritti degli uomini, si risveglierà pure in loro la coscienza dei loro doveri. Davanti alla necessità di dare il voto si domanderanno: Perché? e per chi? Da quel momento comincerà fra l’uomo e la donna un succedersi di agitazioni che, ben lungi dal peggiorare i loro reciproci rapporti, li migliorerà al contrario essenzialmente.
La donna ignorante si rivolgerà naturalmente all’uomo erudito e ne seguirà uno scambio ed un ammaestramento reciproco, una serie di rapporti raramente esistiti fino ad oggi tra uomo e donna. Ciò conferirà alla vita della donna un'attrattiva affatto nuova. Sarà sempre più appianata la disgraziata differenza morale e intellettuale fra i sessi, che così spesso conduce a contrasti e a lotte domestiche e pone il marito in conflitto coi suoi molteplici doveri, a danno del bene comune. Invece di un ostacolo perenne, l’uomo troverà nella donna, animata da uguali aspirazioni, un appoggio. Essa stessa, quando avrà obblighi che glielo impongano, spronerà il marito all'adempimento dei suoi doveri, troverà pure naturale che una parte delle rendite sia impiegata nei giornali e nella propaganda, perché anche a lei il giornale servirà d'istruzione e di divertimento, e perchè essa comprenderà la necessità del sacrificio necessario per arrivare a conquistare ciò che manca a lei, al marito, ai figli: un’esistenza degna.
In tal guisa il reciproco interesse per il bene comune, collegato strettamente col proprio, avrà influenza altamente nobilitante, avverrà tutto l’opposto di quello che asseriscono gli individui di vedute limitate, o i nemici di un'esistenza basata sulla piena uguaglianza di tutti. E questi rapporti fra i sessi si miglioreranno a misura che le istituzioni libereranno l’uomo e la donna dalle cure materiale e da un peso eccessivo di lavoro. L'esercizio e l'educazione porgeranno aiuto qui come in altri casi. Se non si entra nell’acqua non si impara a nuotare; studiando una lingua straniera non si fanno esercizi, non si imparerà mai a parlare. Tutti ne convengono, ma non comprendono come altrettanto debba avvenire negli affari dello Stato e della Società.
Sono forse le nostre donne più incapaci di quanto lo siano i negri dell'America Settentrionale, per i quali fu riconosciuta l’uguaglianza dei diritti ? O deve godere meno diritti una donna intelligente ed elevata, del più rozzo ed ignorante degli uomini, per esempio di un incolto operaio della Pomerania o della Polonia ultramontana, solo perché il caso lo fece nascere uomo? Il figlio deve avere maggiori diritti della madre, dalla quale forse ereditò le migliori qualità che lo fecero quello che è? Strana cosa invero ! 

[ dal Wyoming ad altri Stati confederati e Nuova Zelanda ] 

In Germania non rischiamo più di cadere nel buio, nell'ignoto. L'America del Nord, l’Inghilterra ed altri Stati hanno già aperta la via. Nel Wyoming, negli Stati Uniti, fino dal 1809 fu accordato alla donna il diritto di voto. Su gli effetti di esso scrisse il 12 novembre 1872 il giudice Kingmann dalla città di Laramie al Giornale delle donne di Chicago: « Sono oggi tre anni che nel nostro territorio le donne ottennero il diritto di voto, insieme con quello di concorrere agli impieghi come qualunque altro elettore. Durante questo tempo esse hanno eletto e sono state elette in vari uffici; hanno esercitato le funzioni di giurati e di giudici di pace; hanno partecipato a tutte le nostre elezioni e, sebbene io creda che qualcuno di noi non veda di buon occhio, come principio, la intromissione delle donne, ritengo che nessuno potrà negare che siffatta intromissione abbia esercitato nelle nostre elezioni un’influenza educatrice. Essa fece sì che procedessero calme e ordinate, e che contemporaneamente il nostro tribunale fosse al caso d'impadronirsi e di punire varii malfattori rimasti fino allora impuniti. Quando, per esempio, il territorio fu organizzato, non vi era quasi nessuno che non portasse il revolver e non ne facesse uso nella più piccola questione. Io non ricordo un solo caso in cui un giurì composto di uomini non assolvesse qualcuno di coloro che avevano fatto uso di quest’arma; con due o tre donne fra i giurati questi si sono uniformati alle istruttorie dei tribunali…»
Un indirizzo rivolto il 12 novembre 1894 dal rappresentante dello Stato a tutti i Parlamenti del mondo indica quale fosse a Wyoming l’opinione sul diritto di voto delle donne, dopo averne fatto esperienza per 25 anni: « Il diritto e l’esercizio di voto da parte delle donne a Wyoming non ha dato risultati cattivi, ma anzi, sotto molti rapporti, ottimi. Ha fatto sì che in guisa sorprendente siano stati banditi dallo Stato il delitto e la miseria e ciò senza violenza; ha contribuito alla tranquillità e all'ordine delle elezioni, al buon andamento del governo, ad un notevole grado d'incivilimento e di ordine pubblico; e noi citiamo con orgoglio il fatto che da 25 anni in qua, da che le donne possiedono diritto di voto, in nessun distretto di Wyoming esistono poveri, che le prigioni sono vuote e il delitto è quasi sconosciuto. Sull'appoggio dell'esperienza esortiamo tutti gli Stati civili della terra ad accordare senza indugio alle donne il diritto di voto. »
Pur riconoscendo l’attività politica delle donne nel Wyoming, non andiamo tanto oltre come gli entusiasti difensori del diritto di voto della donna nella rappresentanza popolare, i quali ascrivono esclusivamente a questo le invidiabili condizioni di cui, secondo le descrizioni del citato indirizzo, gode lo Stato, mentre una serie di circostanze sociali di vario genere vi contribuirono. Pur non di meno rimane accertato che l’esercizio del diritto di voto della donna ebbe nel Wyoming le più benefiche conseguenze ed in contrapposto non uno svantaggio. Questa è la più splendida giustificazione per l’introduzione del medesimo.
L'esempio del Wyoming trovò seguaci. Oggidì in molti stati della terra la donna gode diritti politici più o meno estesi. Negli Stati Uniti, nel 1894, le donne ottennero nel Colorado il diritto politico di voto ed elessero tosto buon numero di rappresentanti. In seguito a ciò, nel 1899, cioè dopo 5 anni dalla nuova istituzione, il parlamento con 45 voti contro 3 decretò:
« Considerando che da cinque anni a questa parte esiste nel Colorado uguale diritto di voto per entrambi i sessi, che durante questo periodo le donne lo hanno esercitato quanto gli uomini e, per verità, col risultato che furono scelti per i pubblici uffici candidati più idonei; migliorato il sistema di elezione, perfezionata la legislazione, elevato il grado generale di cultura, sviluppato maggiormente per l’influenza femminile il sentimento di responsabilità politica, il Parlamento decreta, tenuto conto di questi risultati, di raccomandare a tutti gli Stati e territori dell’Unione settentrionale, come misura di legge, l'accordare alle donne l’uguaglianza politica atta ad introdurre un ordinamento più elevato e migliore ».
L'esempio del Wyoming e del Colorado fu seguito dall’Arizona e recentemente anche dal Minnesota, dal Utah, dall'Oregon, dal Nebraska, dall’Indiana, dal Dakota del Sud, dal Washington, infine da tutti i nuovi Stati.
Nella Nuova Zelanda, dal 1893 le donne hanno preso viva parte alle elezioni parlamentari, più ancora degli uomini, non ostante possiedano solo il diritto attivo di eleggere, ma non la possibilità di essere elette, cosa che compete soltanto agli uomini. Di 139.915 donne maggiorenni, nel 1893 solo 109.461 si sono iscritte nelle liste elettorali, cioè il 78,5%; alle elezioni presero parte 90.290, cioè il 64,5%.
Nel 1896 il numero delle elettrici iscritte era salito da 78% a 89% e delle votanti da 64% 68%. Nel 1884 le donne ottennero in Tasmania il diritto di prender parte alle elezioni comunali, e nel 1895 nell'Australia del Sud il diritto politico di voto.
Nell'Unione nord-americana nel 1893 le donne possedevano in 22 Stati il diritto attivo e passivo di voto per l’amministrazione. Nel Kansas, nel Nebraska, nel Colorado, nell'Oregon, nell’Arizona, nel Dakota, nell’Idaho, nel Minnesota e nel Montana possedevano il diritto di voto comunale sotto il pretesto che esse erano cittadine. Ad Argonia (nel Kansas) già nel 1887 la moglie di un medico fu eletta come borgomastro; lo stesso accadde nel 1893 ad Onehunga nella Nuova Zelanda.
Nella Svezia le donne nubili hanno il diritto attivo di voto nelle elezioni dei consigli provinciali e comunali alle stesse condizioni degli uomini. In Norvegia dal 1889 le donne partecipano all'amministrazione scolastica. Nelle campagne tutte le donne che pagano tasse scolastiche sono autorizzate a prender parte alle adunanze scolastiche del comune; esse possono anche essere elette ispettrici delle scuole. 

[ parlamento e diritti politici in Inghilterra ] 

In Inghilterra il diritto di voto delle donne ha una storia.
Secondo l'antica legge nel Medio Evo avevano diritto di voto le donne possedenti terre, e che come tali esercitavano ancora il potere giudiziale. Con l'andar del tempo perdettero questi diritti. Nell’atto di riforma elettorale del 1832 fu usata la parola person, che nella lingua inglese include entrambi i sessi. Ciò non ostante la legge cercò di dare un'interpretazione che escludesse la donna, e la respinse dove fece il tentativo di presentarsi alle elezioni. Nel bill di riforma elettorale del 1867 hanno sostituito person con man.
John Stuar Mill cercò di far sostituire nuovamente la parola person a man , senza lasciare ambiguità sul fatto che la donna potesse, in uguali concioni dell'uomo, possedere il diritto di voto. La proposta fu respinta con 194 voti contro 73. Sedici anni dopo (nel 1883) fu fatto un nuovo tentativo nella Camera Bassa per accordare il voto alla donna, tentativo respinto con soli 16 voti di maggioranza. Un altro tentativo ancora fatto nel 1884, in condizioni di disparità della camera, fu respinto con 136 voti di maggioranza; ma la minoranza non si lasciò scoraggiare. Nel 1886 le riuscì in due sedute di fare accettare la proposta della partecipazione della donna al diritto di voto parlamentare. Lo scioglimento del Parlamento impedì la decisione finale. Il 27 aprile 1892 fu respinta ancora nella seconda lettura la proposta di sir A. Rollit con 175 voti contro 152. Al contrario, nel 1897 la Camera Bassa propose la partecipazione della donna al diritto di voto, ma la Camera Alta respinse la proposta.
Il 29 novembre 1888 lord Salisbury tenne un discorso a Edimburgo dove fra le altre cose disse: « Spero ardentemente non sia lontano il giorno in cui le donne potranno prender parte come gli uomini alle elezioni parlamentari e decidere insieme dell'indirizzo politico del paese ». Alfredo Russell Wallace, noto naturalista e seguace di Darwin, così si espresse sulla stessa questione: « Quando uomini e donne avranno la libertà di seguire il proprio naturale impulso, quando entrambi avranno ricevuto la migliore educazione, quando nessuna falsa limitazione verrà imposta a essere umano per causa del sesso, e quando l’opinione pubblica dei più saggi e dei migliori darà legge, e la gioventù sarà sistematicamente esortata al bene, allora solo troveremo che si farà valere un sistema di elezione umana, che dovrà avere per conseguenza una riformata umanità.
Finché le donne saranno costrette a considerare il matrimonio come mezzo sottrarsi alla miseria e all’abbandono, avranno ora e sempre uno svantaggio in confronto dell’uomo. Il primo passo quindi verso l’emancipazione della donna sta nel rimuovere tutti gli ostacoli che le impediscono di concorrere con gli uomini in tutti i campi dell’industria e dell'attività. Ma dobbiamo spingerci anche più oltre, ed accordare alle donne i diritti politici. Molti degli ostacoli per i quali hanno finora sofferto le donne sarebbero stati rimossi, se le donne avessero potuto avere una rappresentanza diretta in Parlamento. »
Dal 1894 possiedono in Inghilterra, in uguali condizioni degli uomini, il diritto attivo e passivo di voto nelle commissioni riguardanti le scuole e i poveri.
In Irlanda le donne, se sono indipendenti e pagano tasse , hanno il diritto attivo nelle elezioni comunali e, dal 1896, il diritto passivo per la cura dei poveri.
Nella Nuova Zelanda e nelle colonie australiane le donne hanno il diritto di voto nelle elezioni comunali. Nella maggio parte degli stati dell'Unione godono di uguali diritti degli uomini per le elezioni nelle scuole pubbliche e vi sono molte donne che occupano i posti di consiglieri scolastici, ispettori scolastici dei distretti e delle città.
In Austria le donne, che per la loro proprietà appartengono alla classe dei grossi possidenti, possono esercitare il diritto di veto attivo nelle elezioni dei consiglieri aulici e della Dieta, presentandosi personalmente, o facendosi rappresentare da un uomo. Nei comuni appartiene alle donne il diritto di voto per i rappresentanti comunali, se, per i loro possessi, per le industrie che esercitano, o per le rendite, pagano tasse dirette; le donne maritate esercitano il diritto di voto per mezzo del marito, altre per mezzo di rappresentanti.  Nel 1902 l'alta corte di giustizia decise che le donne dovessero usare personalmente del loro diritto.
In Francia una donna che esercita un commercio ha diritto di voto nell'elezione dei membri del tribuale di commercio, ma non può essere eletta. Dopo il 1892 le donne poterono però essere delegate per le procedure giudiziarie facoltative di espiazione e di separazione, qualora negli uffici relativi fossero adibite. Secondo le ordinanze comunali delle antiche province prussiane, dal 1891 le donne hanno diritto elettorale se i possedimenti che appartengono loro le autorizzano al voto, che debbono tuttavia esercitare per mezzo di rappresentanti; esse non sono però eleggibili. Lo stesso vale per le ordinanze comunali dell’Annover, del Brunswick, dello Schleswig-Holstein, Sassonia-Weimar, Amburgo e Lubecca. Nella Sassonia, secondo le suddette ordinanze, la donna può esercitare il diritto elettorale se possidente e nubile. Se maritata, il diritto passa al marito. Il diritto elettorale, nei casi citati in Germania e in Austria, non riguarda la persona, ma i possessi.
Ciò è molto istruttivo per la moralità dello Stato e per il diritto in vigore. L’uomo è politicamente zero, se non possiede danaro o beni immobili. Non contano intelligenza, né talento, ma le sostanze. 

[ il diritto e il clero ] 

Il principio che la donna non possa avere il diritto elettorale, perché considerata minorenne, viene per tal modo abolito. Si esita però a riconoscerle la piena uguaglianza dei diritti. Si dice pericoloso conferirle il diritto elettorale perché facilmente ella si lascia trascinare da pregiudizi religiosi e da idee conservatrici. Ma se entrambe le cose sono vere, ciò accade perché è ignorante; si educhi e si istruisca dunque in ciò che rappresenta il suo vero interesse. Del resto, si è esagerata l’influenza religiosa nelle elezioni. L'agitazione ultramontana ebbe in Germania successo, solo in quanto cercò di fondere gli interessi sociali coi religiosi. Gli ultramontani gareggiarono lungo tempo coi socialisti per svelare la corruzione sociale. Da qui la loro influenza sulle masse.
Col finire della lotta per la civiltà, questa influenza va scomparendo anch'essa a poco a poco. Il clero è costretto a rinunziare all'opposizione contro il potere dello Stato, nel mentre che questo, per le crescenti lotte di classe, è obbligato ad aver riguardi alla borghesia ed alla nobiltà cattolica e ad osservare una maggiore moderazione sociale. Ma con ciò esso va perdendo influenza sull’operaio, specialmente se il riguardo al potere dello Stato ed alle classi dirigenti lo costringe ad approvare o a tollerare leggi stabilite contro l’interesse della classe operaia. Le stesse ragioni elimineranno anche presso la donna l'influenza ecclesiastica. Se nelle adunanze, o leggendo i giornali, apprenderà per esperienza propria dove sta il suo vero interesse, si emanciperà dal clero altrettanto sollecitamente che l‘uomo.
Nel Belgio, dove l'ultramontanismo  domina quasi non ostacolato nel popolo, una parte del clero cattolico  vede nella concessione del diritto elettorale alla donna un'arma potente contro la democrazia socialistica e quindi la favorisce. Anche in Germania alcuni deputati conservatori, ogni qual volta è stata presentata al Parlamento dai socialisti la proposta di accordare alla donna il diritto elettorale, hanno dichiarato di vedere in questa concessione un'arma contro la democrazia socialista. Senza dubbio, per l'attuale ignoranza politica  della donna e per il potere su essa esercitato dal clero, queste supposizioni non sono del tutto infondate. Ma non è questa una ragione per negarle i diritto di voto. Vi sono oggidì anche milioni di operai che, contro l’interesse della loro classe, eleggono rappresentanti di partiti borghesi o ecclesiastici, provando così la loro inabilità politica, senza che per ciò si pensi a togliere loro il diritto elettorale.
Il voler tenere solo per sé il diritto di voto, o il rifiutarlo, non deriva dal fatto che si teme l’ignoranza delle masse, comprese le donne, poiché esse sono tali, quali le classi dominanti le hanno fatte, ma perché si ha paura che a poco a poco possano diventare astute e ragionare con la propria testa.
Intanto in alcuni Stati germanici si è ancora tanto arretrati, da non accordare alla donna nemmeno il diritto delle associazioni politiche.
In Prussia, in Baviera nel Brunswick e in molti altri Stati germanici esse non osano formare associazioni Politiche. Né in Prussia possono prender parte a riunioni per solennità politiche, come stabilì severamente nel 1901 il tribunale supremo amministrativo. Il rettore dell’università di Berlino commise anche nell’autunno del 1901 la incredibile sciocchezza di proibire che le donne potessero tenere conferenze nei circoli studenteschi di scienze sociali. La polizia di Brunswick proibì nello stesso tempo alle donne di prender parte ai congressi evangelico sociali.
E il fatto che il ministro prussiano degli interni nel 1902 si degnò di dichiararsi pronto ad accordare alle donne il diritto di assistere come uditrici alle riunioni  dei circoli politici, premesso però che, come Ie donne Israelite nella sinagoga, si tenessero in un assegnato spazio della sala, sta in contrasto con la legge, ma caratterizza la meschinità delle condizioni pubbliche in cui ci troviamo. 

[ campi dell’onore e campi della vita ] 

Col diritto attivo sta naturalmente collegato il diritto elettorale passivo. « Sarebbe bello vedere una donna alla tribuna del Parlamento! » si sente esclamare. Per dire il vero le abbiamo già viste in altri paesi da lungo tempo nelle tribune dei Parlamenti, nei congressi e nelle assemblee di ogni genere. Nell'America Settentrionale le vediamo sul pulpito e al banco dei giurati, perché dunque non alla tribuna del Parlamento?
La prima donna che vi si presentasse sarebbe certo tale da imporre. Anche quando vi apparvero i primi operai, si credette di poterli motteggiare, e si asseriva che ci si sarebbe presto accorti della pazzia di eleggere gente di tal fatta. Ma i loro rappresentanti seppero ben presto farsi rispettare, e adesso si teme che possano diventare troppi. Si sentono ripetere stupidi motteggi, quali ad esempio: «Immaginate una donna incinta sulla tribuna del Parlamento; quale cosa antiestetica!» Ma gli stessi signori trovano però cosa naturalissima vedere le donne nello stesso stato applicarsi in occupazioni antiestetiche, nelle quali sono messe da parte dignità femminile, decoro e salute!
E’ un uomo ben miserabile colui che può fare dello spirito sopra una donna incinta! II solo pensiero che anche sua madre fu tale prima di metterlo al mondo e che egli, il ruvido motteggiatore, aspetta dalla moglie sua nelle stesse condizioni l’appagamento dei suoi più nobili desideri, dovrebbe fargli salire il rossore alle guance e farlo tacere!
Una donna che mette alla luce figliuoli, rende alla comunità almeno lo stesso servizio dell’uomo che difende con la vita la patria e il focolare domestico contro un nemico avido di conquista;  essa dà vita ed educa quegli stessi uomini che – ahi! troppo spesso – versano il sangue sui così detti campi dell’onore. Ma vi ha di più. La vita della donna è in giuoco ad ogni gravidanza; tutte le nostre madri nel metterci al mondo hanno guardato in faccia la morte, e molte di esse vi soccombettero.
Il numero delle donne che muoiono o ammalano in seguito ai parti è assai maggiore del numero degli uomini che periscono o sono perito sul campo di battaglia.
Dal 1816 al 1876 in Prussia morirono di febbre puerperale, circa 321.791 donne, circa 5.363 per anno. Questa cifra è assai superiore a quella degli uomini morti negli stessi anni in guerra, o in seguito alle ferite riportate. E a questa enorme cifra di donne morte per febbre puerperale si aggiunge quella assai maggiore delle donne che in seguito al puerperio si ammalano cronicamente o muoiono anzi tempo [5].
Anche sotto questo rapporto la donna può pretendere l’uguaglianza dei diritti con l’uomo. Ciò si può dire specialmente a coloro che adducono come argomento decisivo contro la donna il dovere dell'uomo
Di difendere la patria. La maggior parte degli uomini, per effetto dei nostri ordinamenti militari, non adempie nemmeno una volta nella vita a questo dovere che non sta scritto se non nei libri.
Tutte queste obiezioni superficiali contro l’applicazione della donna negli uffici pubblici non avrebbero importanza, se le relazioni fra i sessi fossero naturali e non esistesse tra loro un antagonismo alimentato ad arte. Fino dall’infanzia essi sono separati nelle relazioni sociali e nell’educazione. In special modo al cristianesimo è dovuto questo antagonismo che mantiene i sessi nell’ignoranza no dell’altro, e che impedisce loro di comprendersi, d’intendersi e di completarsi a vicenda [6].

[ per una società razionale ] 

Uno dei primi e più importanti compiti di una società razionale e bene organizzata deve essere quello di togliere questo dissidio dannoso e di reintegrare la natura nei suoi diritti. Già nelle scuole cominciano le incoerenze. Prima la separazione dei sessi, indi l’istruzione difettosa, o mancante  addirittura di quanto concerne l’uomo come essere sessuale. In ogni scuola, per quanto modesta, s’insegna, è vero, la storia naturale; il fanciullo impara che gli uccelli depongono le uova e le covano; egli apprende ancora quando comincia il tempo degli accoppiamenti, per i quali sono necessari i maschi e le femmine; che entrambi hanno cura di costruire il nido, di covare le uova e di allevare i nati. Egli impara inoltre che i mammiferi partoriscono esseri viventi; sente parlare del periodo degli amori, della lotta sostenuta dai maschi per la conquista delle femmine, del numero ordinario dei nati, forse anche del periodo di gestazione delle femmine. Ma sull’origine e sullo sviluppo degli esseri come lui rimane all’oscuro; tutto è avvolto in un velo misterioso. E quando il fanciullo cerca di soddisfare la naturale curiosità con domande ai genitori, specialmente alla madre, (col maestro non osa far tanto) gli vengono raccontate le storielle più strampalate, che non possono appagarlo ed hanno poi i peggiori e effetti, quando un giorno arriva a conoscere la vera natura della sua origine.
Vi sono pochi bambini che giungono a dodici anni senza esserne venuti a cognizione. Si aggiunga che in tutte le piccole città, e soprattutto in campagna, i fanciulli fino dalla più tenera infanzia sono spettatori degli accoppiamenti dei polli e degli animali domestici nei cortili, nella strada, nei pascoli. Essi assistono alle importanti discussioni dei genitori, della servitù, dei fratelli maggiori intorno agli accoppiamenti e alle nascite dei diversi animali domestici. Tutto ciò risveglia in loro il dubbio sulle spiegazioni fornite dai genitori sulla loro origine. Giunge infine il giorno della rivelazione, ma in altra guisa di quanto avrebbe dovuto accadere secondo la natura e la logica. II segreto del fanciullo mette una barriera tra lui e i genitori, specialmente tra madre e figlio.
I racconti inverosimili e sciocchi ottengono per l’appunto un effetto contrario a quanto si sperava. Chi ripensi alla propria fanciullezza e ai compagni di essa sa quali ne siano le conseguenza.
Una signora americana [7] racconta fra le altre cose in un suo libro, che, per le ripetute domande del suo figliuoletto di otto anni imi, che voleva conoscere la sua origine, ripugnandole di raccontargli frottole, gli narrò la verità. Dice poi come il ragazzo ascoltasse con la maggiore attenzione e come, dopo aver appreso quante cure e dolori era costato alla madre, si fosse attaccato a lei con inusitata tenerezza e rispetto, che aveva rivolto in seguito alle donne in genere. L’autrice parte dal concetto giustissimo che solo con un’educazione secondo natura si può sperare un essenziale miglioramento e, soprattutto, un maggior rispetto dell'uomo per la donna.[8]
Da qualunque punto si parta per criticare le nostre condizioni, si arriva sempre alla stessa conclusione che, cioè, è necessaria una  trasformazione fondamentale delle nostre condizioni sociali  e, per mezzo di essa una trasformazione fondamentale nella condizione dei sessi. La donna deve poi, per raggiungere più presto lo scopo, trovare alleati che si uniscano a lei nell'agitazione del proletariato. Questo, conscio della sua posizione, già da lungo tempo ha cominciato l’assalto alla fortezza della tirannia delle classi, che comprende anche il predominio di un sesso sull’altro. La fortezza dev'essere circondata da ogni parte da trincee ed essere costretta alla resa con artiglierie di ogni calibro. L’esercito assediante trova gli ufficiali e le armi adatte da ogni parte si volga. Le scienze sociali, le naturali, la critica storica, la pedagogia, l'igiene e la statistica forniscono armi e munizioni. La filosofia non rimane indietro ed annunzia nella Philosophie der Erlösung del Mainländer la sollecita realizzazione dello “stato ideale”.
A facilitare la conquista dello Stato di classe e la sua trasformazione, contribuisce la scissione nelle file dei suoi difensori, i quali, non ostante la comunanza d’interessi contro il comune nemico, nella lotta per il bottino lottano contro se stessi.
Quello che più ne interessa è che l’ammutinamento si faccia ogni giorno maggiore nelle file del nemico, i cui combattenti, sangue del nostro sangue, carne della nostra carne, se fino ad oggi combatterono contro noi e contro loro stessi, lo fecero o per malinteso, o per inganno altrui, ma ogni giorno più si convincono dell'errore e con noi si uniscono. Torna infine a nostro vantaggio la diserzione di uomini eminenti ed avveduti dalle file avversarie, uomini che il profondo sapere, l’alta intelligenza spronano a sollevarsi dai basi interessi di classe e, seguendo l'aspirazione verso un'ideale di giustizia, contribuiscono alla redenzione dell'umanità sofferente.
E giacché a molti non è ancora nota la trasformazione che subiscono Stato e Società, saranno necessari gli schiarimenti che daremo qui appresso.

Segue nel prossimo almanacco

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[1] . Louis Bridel, La puissance maritale, Losanna 1879.
[2] . Le informazioni suddette le abbiamo spesso attinte dall’opera di Louis Bridel, Le droit des femmes et le mariage, Parigi 1893, Felix Alcan editore.
[3] . Quanto sia giusto questo concetto appare anche dalla commedia di Aristofane, L’assemblea delle donne. Lo scrittore greco descrive nella sua commedia quanto le condizioni dello Stato ateniese fossero stolte sì che nessuno ne sapeva più di un altro. I Pritani nell’assemblea popolare pongono ai cittadini di Atene la questione come si potesse salvare lo Stato. Una donna, travestita da uomo, fa la proposta di affidare alle donne la direzione del timone dello Stato, e “poiché questa proposta rimane la sola, ciò che non accadeva mai in Atene”, fu accettata senza contrasto. Le donne s’impossessarono del timone dello Stato e introdussero il comunismo. Naturalmente Aristofane mette in ridicolo tale condizione, ma la parte caratteristica dell’opera sua è che appena le donne possono pronunziare una parola decisiva nelle assemblee pubbliche, introducono il comunismo come l’unica costituzione di stato e sociale, razionale. Aristofane non presentiva quanto di vero vi fosse nel suo scherzo.
[4] . Zur Beutheilung der Frauenbewegung in England und Deutschland di Lily von Gizycki (Archivio di Braun per le leggi e le statistiche sociali, Berlino, 1895).
[5] . Per ogni donna che muore oggi nel puerperio dobbiamo contarne 15 o 20 che ne portano in seguito tracce più o meno gravi, e disturbi degli organi del basso ventre o della salute in generale, che le rende malaticcio per tutta la vita. Das Frauenbuch, vol, I, pag. 363, di H. B. Adams, dottoressa in medicina, Stoccarda 1894.
[6] . Nell’anno di grazia 1902 i rappresentanti del comune di Neuss, sul Reno,  rifiutarono un sussidio ad uno stabilimento di bagni pubblici, perché la costumatezza non poteva permettere che i ragazzi si mostrassero uno all’altro coperti solo dalle mutandine da bagno!
[7] . Womanhood: Its sanctities and fidelities by Isabella Beccher Hooker. Boston, Nuova York. Lee, Shepard e Dillingham, 1874.
[8] . Sullo spesso tema contiene ottime massime il libro Ernst Antworten auf Kinderfragen von Rudolph Penzig, Berlino, Ferd. Dümmler, editore.
1960 - Laura Betti canta Il valzer della toppa, di Pier Paolo Pasolini con musica di Pietro Umiliani – Immagine in alto, da sinistra: Lara Betti, Elisabetta Catalano, Fabio Mauri, Pier Paolo Pasolini e Alberto Moravia.