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Archivio (comunque indiziario) dell'Ufficio Tecnico (per l'Immaginazione preventiva)

Carmelo Romeo L.- La Superficie In Pittura [ Brani da 43.0 a 54] -Brani sparsi, editi e inediti, appunti, diagrammi e iconografie di un lavoro iniziato nel 1972 attorno alla mera superficie, il supporto, lo schermo e...altro.

LA SUPERFICIE IN PITTURA

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LA MERA SUPERFICIE COME OSPITE
ovvero lo schermo 


43.0 -  Se le opere dei pittori indicati in 40.0 si dispongono variamente attorno al punto limite della "mera superficie" per rendercela visibile sotto le specie di "ospite" o di "supporto" (ma se non è chiaro telefonatemi pure a casa, o scrivetemi), resta ancora da dimostrare che quanto accennato sulla "schermo" abbia trovato realiter  una sua specifica forma pittorica, tale che tutto questo ragionare non cada fuori delle concrete pratiche artistiche? 
Allora diciamo subito che è merito di alcune opere di Fabio Mauri averci infine offerto la possibilità di rendere tangibile la categoria dello "schermo" in pittura; ma anche - a riprova dei passaggi bronzei previsti da questo specifico cammino - di avere svolto poi, del tutto conseguenzialmente, le prove ulteriori che lo "schermo" si riserva e implica. 
Adesso possiamo dare a Fabio quello che è di Fabio e allo schermo quello che è dello "schermo", raccogliendo diversi appunti scritti attorno al 1975 - una parte dei quali è stata nel frattempo pubblicata nella citata monografia di Mauri  del 1994.Nella versione che segue i brani pubblicati in quella redazione, sono   segnalati con la sigla fm. seguita da un numero, racchiusa tra parentesi quadre; es. [fm.21], dove il numero rappresenta l'ordine dei brani nella pubblicazione citata. 
43 - Quando ciò che lo schermo rinvia è indovinato come puramente casuale, si introduce un dato che prende a far vacillare ogni certezza che non sia lo schermo stesso, e con ciò lo si fonda come unica realtà oggettiva, immutabile, nel tempo essendo sempre uguale a sé stesso; posta l'antinomia la negazione di un termine non può che confermare l'altro. [fm17] 

44 - Data l'immagine filmica e lo schermo, l'esplorazione combinatoria delle loro possibilità casuali non può che giungere presto all'unico altro caso che rimane: quando lo schermo si sottrae al flusso numinoso delle immagini e lascia che il fascio luminoso sospinga l'immagine verso l'infinito e la consunzione. [fm16]
Questo sottrarsi sancisce un divorzio che si è reso possibile soltanto se fin dall'inizio lo schermo e l'immagine sono due entità autonome. Solo quando il divorzio si fa definitivo lo schermo inizia a giocare un proprio ruolo esclusivo, pur senza ostentare la sua preminenza; e i nuovi incontri con le immagini cadranno sotto le leggi ostili dell'ospitalità. (rimane da chiedersi cosa fa l'immagine quando non incontra lo schermo?) 

45 La rappresentabilità della fantasmagoria vorticosa delle immagini si rende possibile solo per mezzo di un candido schermo, che nella immacolatezza del suo porsi tutte le immagini inferisce e provoca [fm14]; non certo come il futurismo, che prende sul serio l'illusione di rappresentare appena, con una convenzione grafica, la dinamica della impressioni retiniche ( ved.scoli Fut.) 

46 - Lo schermo, sciolti i legami con l'apparecchiatura, non è più un piano di proiezione cinematografica. Il compito che si rivela non è più quello - che in un primo tempo lo aveva abbacinato - di rappresentare il fenomeno del cinema nelle sue determinazioni particolari e altamente accidentali, ma quello di porsi come categoria spaziale del pensiero fuori da ogni tempo. Di imporsi quale condizione essenziale per attualizzare il pensato e il pensabile. E' un'opacità del tempo che solo può dare forma alla memoria, rivelarla ai sensi, sia pure nella confessa incapacità di prolungarne l'attimo, il momento involontario, decisivo a volte, se non tramite la riconversione cleptomane della fotografia che inverte il movimento dissolutore,  l'andamento inarrestabile del flusso dei segni.[fm18]
Lo schermo diviene la base materiale sulla quale l'immagine e la luce trovano, finalmente, riposo: il loro determinato riposo. 

47 - Andandosene liberamente tra gli uomini, lo schermo è una provocazione in atto: cioè, reclama ogni e qualche risposta;  ed è un atto di provocazione: cioè, rifiuta ogni risposta. 
Egli è categorico nella sua estrema illimitata disponibilità e indisponibilità. È talmente sottile che ha escogitato un metodo sicuro per porsi al riparo e prevenire le indagini sul suo conto. Pone delle domande alle quali egli solo può rispondere; ma risponde con enigmi per sottrarsi così ad ogni inchiesta che sa perniciosa alla sua salute - offre gli enigmi per indaffarare gli uomini, mentre il suo pensiero intossica la stanza. 
Non scende a patti con altri segni. Ma paradossalmente - e forse neppure tanto - questo suo porsi contro i segni è la sua condizione per sottomettersi illimitatamente a tutti i segni illimitati. 
La sua voglia nascosta (e tanto ha il pudore di mostrarla che a sé stesso persino la nasconde) è d'essere posseduto interamente e perpetuamente da tutti i segni e da tutti i capricci ideologici senza concedersi interamente a qualcuno. 
La sua ambizione, che lo divora, è la polisemia. 
Le sue prestazioni vanno sotto il segno della sregolatezza: egli non può possedere nessuna regola, è però dominato dalla legge dell'ospitalità - ma non la possiede: ne è posseduto (cfr. 35.e). 
O forse può possedere solo la regola dell'azzardo; la stessa del giocatore - per il quale non vi è regola rispondente, e per questo, sempre con rinnovato ardore, pretende farsene - per il quale ogni atto è sempre svincolato dai precedenti e dai futuri. (la regola dell'azzurdo) 
E se tutti questo sono i preliminari per la morte, lo sono pure per una esistenza liberata dall'esistenza, sottratta al caso e sottomessa alla necessità dell'istante - e l'istante sconfigge il caso, poiché non consente (concede) opzioni (sostituzioni), ma solo altri istanti che non lo riguardano già più. 
Lo schermo, invero, è anche una minaccia: è sempre pronto a rendere tangibile ai sensi il nostro pensiero - è la cattiva coscienza (di chi si sa corruttibile). 
Desiderando concedersi a tutti, lo schermo non può che privarsi di ogni prerogativa selettiva; non predilige nessuno e non condanna nessuno - neppure lui osa scagliare la prima pietra: geme di essere posseduto. 
Così la sua depravazione sostanziale rende necessaria la sua castità virginale - da qui la sua forma enigmatica. 

48 - Sia lo schermo che l'ospite hanno un doppio senso. 
L'ospite è colui che accoglie (che riceve - concavo) ed è al tempo stesso colui che viene accolto (che si offre - convesso). L'ospite è lo straniero amico e l'amico ostile. 
Anche lo schermo designa tanto un piano di proiezione (che riceve - concavo) una realtà antistante, ma indica anche un piano opaco per una realtà retrostante, sottratta all'occhio (convessità scivolosa allo sguardo). È al tempo stesso un rivelatore di immagini e un offuscatore di immagini, un impedimento alla visione profonda (cfr. scolo 39.f.3). 
Così nelle loro medesime parole si esprimono le unità specchianti, gli antagonisti si conciliano mentre i concilianti si antagonizzano. 

49 - Lo schermo è l'ospite, e l'ospite è il visitatore: è lo schermo. 
(La mera superficie come ospite, ossia lo schermo) 
L'ospite è sicuro della propria esistenza e consistenza: egli si sa. Ma sapendosi in quanto ospite si sa incernierato come la porta di Duchamp (che chiudendosi apre e aprendosi chiude) sul proprio asse di simmetria; egli si racchiude tutto lì, in questo luogo della consapevolezza che è una valvola cardiaca dell'andare e del venire, dei flussi palpitanti del suo segreto cuore (cfr. 39.e). 
L'ospite è tale solo se il visitatore l'attualizza penetrando nella sua aura ospitale; altrimenti non è più tale, ma neppure il visitatore sarà visitatore, ossia: l'ospite non è più l'ospite. 
L'ospite non sarà ospite se il visitatore non sarà visitatore. 
Reciprocità - il celibe si fa pretendente si sé stesso. Sebbene analiticamente (nei ruoli) si presentano uno all'altro come due unità contrapposte e distinte (dunque: op-stili) la loro esistenza è complementare una all'altra, l'una dall'altra dipendente, l'una dall'altra e l'una nell'altra risolventesi  e dissolventesi. 
Impassibile l'ospite deve subire il visitatore, se ospite vuol rimanere: e viceversa. Entrambi non possono evitare l'incontro verso cui si mobilita tutta la loro esistenza - sebbene il loro reciproco odio diviene di giorno in giorno tremendo e palese; la loro condanna è nella perenne riconciliazione: e questo li ammorba. 
Lo schermo, come l'ospite, è disposto a tutto e invoca l'incontro senz'altro, comunque: pena la sparizione. 
Allora non è un campo potenziale ma attuazionale di tutte le voglie; è il pervertimento del pensiero - è la zona di pervertimento del pensiero e dell'azione [fm24,25]. 
È un vuoto infettato; portatore sano d'ogni immagine; autoimmunizzato contro le sue stesse seduzioni: perciò più infido [fm23]. 
Come un bordello estremamente sguarnito è però sempre pronto a ospitare tutti quelli che casualmente e causalmente passano nel vicolo [fm26]. 
Insomma: è il deserto tebaidico di sant'Antonio. 

50 -  Lo schermo, oramai ospite incontinente, si rifiuta, per costituzione o istituzione, di trattenere più a lungo il visitatore oltre l'attimo fuggente dell'incontro (ossia: oltre l'attimo in cui si è incontrato con sé stesso, rivelato a sé stesso come ospite e visitatore. 
Il suo desiderio di assolutezza lo condanna all'estrema solitudine dello scialacquatore che consuma sé stesso in questi lampi accecanti. 
Amministra la propria abbacinante nudità con l'oculatezza dei parsimoniosi e prende a vivere interamente la sua condizione (convinzione?) di insostituibilità in tutte vicende che le contingenze gli intrecciano attorno: da loro, lui, finalmente libero. 
Nella sua originaria passività ha con insistenza e silenziosamente perseguito un proprio intimo progetto di redenzione: il "The End" già si palesava proponimento di mai più concedersi , e al contempo premonizione sicura al raggiungimento della libertà - quando la pellicola è tutta passata, tutta avvolta nella spirale della durata. 
. L'unica condizione per compierla era riposta nello scivolare via repentinamente dal flusso luminoso di immagini: farsi negare come ospite di visite inquietanti ("Buon angelo, Maria non c'è. Passi un'altra volta; vedremo di redimerci per nostro conto").[fm19]
Ma la sua verginità finalmente conquistata è provocazione continua. Il suo bianco vestito attira irresistibilmente, come una finestra illuminata nella notte, miriadi di falene accecate e impudiche che vi si precipitano per schiacciarsi sul vetro e morire in quella trappola mortale. 
Il suo candore - forse morale? Calvinista, allora meglio: giansenista  - si va svelando come la forma più sottile del peccato reso enorme dal mascheramento dell'immacolatezza. 
Questo candore esposto a tutti geme di concedersi.[fm20]
Non è un segno perché li è tutti; oppure è il segno di tutti i segni possibili, il loro centro di gravità, l'occhio del tifone e il cuore vuoto del polifemo. Il che equivale a dire che è l'ultimo segno o li precede; che intanto è il loro fondamento materiale in quanto, pur essendo materiato,  è negazione d'ogni determinata loro materialità.[fm21]
Non ha un'ideologia perché le ha tutte. La quale è pur sempre un'ideologia, ma la più laida.[fm22]

51 - La pittura come schermo, e viceversa, non è il risultato di una rinuncia (di una sospensione o di una interruzione dei rituali), ma precisamente il contrario: è proprio la soluzione pittorica di una incapacità di rinunciare ad alcunché; è la forma di un eccesso, di una dismisura, la voracità di rappresentare immediatamente il mondo intero nella sua propria voracità di rappresentazione; è il vuoto bulimico del ventre del mondo (cfr. 9). 

52 - La pittura, adesso, può anche accadere: però non è detto. 
Come ogni diritto non si porta appresso l'oggetto cui dà diritto (altrimenti che diritto sarebbe?), così il diritto dello schermo all'immagine non si porta appresso l'immagine. Allora lo schermo, proclamando il proprio diritto all'immagine ne confessa la penuria, 
Lo schermo deve rimanerne sguarnito proprio per consentire sempre questa sua propria possibilità, per continuare ad averne sempre diritto, per essere questo diritto incarnato (cfr. 24, 25).
La mera superficie rimane l'opera irriducibile; è l'opera e il prius. L'opera non è più la rappresentazione del mondo: e il mondo stesso della rappresentabilità (cfr. 36.a). 
Le condizioni affinché tutto questo si manifestasse palesemente, affinchè si rendesse anche materialmente possibile, potevano essere offerte alla pittura solo in una fase storica nella quale anche i rapporti tra gli uomini e le cose si oggettivassero, si staccassero dagli oggetti; e se il rapporto si oggettivizza, gli oggetti si rapportizzano. 

53 - Non è qui il caso di esaminare quale potrebbe essere il paradigma sociale interiorizzato che è alla base della "mera superficie" e dello schermo come ospite nella sfera della produzione pittorica attuale. [A tale proposito, per le parti riguardanti le omologie tra superficie e forme economiche cfr. "L'azzardo omologetico" negli estratti pubblicati nell'Imprinting del settembre 1976]
È invece da aggiungere che lo schermo, emancipato da una sudditanza che lo voleva ospite per forza, è andato emancipando termini ormai non più interdipendenti della macchina da proiezione o apparecchiatura, del fascio luminoso, del film: memoria e tesoro d'immagini, conchiuso universo linguistico di cui la fine è nota (sicura).[fm.27]
E questi altri termini diventano di fatto i protagonisti di altre vicende della medesima storia; e nel loro sviluppo rendono probante quanto fin qui detto. Ossia: le vicende successive sono strettamente conseguenziali e tirano dentro Fabio Mauri. 

54 - E i fatti successivi disvelano e provano, sopra ogni legittimo dubbio, che gli schermi di Mauri possedevano ab ovo una vocazione ospitale, di contro all'altra vocazione della "mera superficie" di essere un supporto o tornare ad essere un motivo
A conclusione di questa parte, possiamo anche aggiungere che gli schermi di Mauri sono i prototipi incarnati e sviluppati della vocazione stessa all'ospitalità della "mera superficie", nella quale si risolve una linea della pittura contemporanea. 

 ...continua

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