dalla CRITICA DELLA FILOSOFIA DEL DIRITTO DI HEGEL

Karl Marx . 1844
arteideologia raccolta supplementi
nomade n.10 giugno 2015
PUO' BASTARE UNA PAGINA
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[...] L’arma della critica non può, in verità, sostituire la critica delle armi; la potenza materiale dev’essere abbattuta da potenza materiale; però anche la teoria diventa potenza materiale non appena si impadronisce delle masse.
La teoria è capace d’impadronirsi delle masse non appena si pone ad argomentare ad hominem, ed essa argomenta ad hominem non appena diventa radicale.
Essere radicale, vuol dire prendere le cose alla radice; ma la radice, per l’uomo, è l’uomo stesso.
La prova evidente del radicalismo della teoria tedesca, e quindi della sua energia pratica, è il fatto che essa parte decisamente dalla soppressione positiva della religione.
La critica della religione si conclude nella dottrina secondo cui per l’uomo l’essere supremo è l’uomo stesso, cioè finisce nell’imperativo categorico di rovesciare tutti i rapporti in cui l’uomo è un essere umiliato, assoggettato, abbandonato, spregevole, rapporti che non si possono raffigurare meglio che coll’esclamazione d’un Francese a proposito d’una tassa in progetto sui cani: “Poveri cani! Vogliono trattarvi come se foste degli uomini!”
Anche dal punto di vista storico l’emancipazione teorica ha per la Germania uno specifico significato pratico.
Il passato rivoluzionario della Germania è infatti teorico: è la Riforma.
Come allora nel cervello del monaco, così ora in quello del filosofo la rivoluzione prende il suo avvio.
Lutero vinse, in verità, la servitù per devozione, mettendo al suo posto la servitù per convinzione. Egli spezzò la fede nell’autorità restaurando l’autorità della fede. Trasformò i preti in laici trasformando i laici in preti. Liberò l’uomo dalla religiosità spostando la religiosità nell’uomo interiore. Emancipò il corpo dalla catena incatenando il cuore.
Ma se il protestantesimo non rappresentò la vera soluzione, si deve ad esso la chiara determinazione del còmpito.
Ora non si tratta più della lotta del laico col prete che aveva di fronte, ma si tratta della lotta col prete che aveva in se stesso, con la sua natura pretesca. E se la trasformazione protestante dei laici tedeschi in preti emancipava i papi laici, cioè i principi col loro clero, i privilegiati e i filistei, ora, la trasformazione filosofica dei Tedeschi preteschi in uomini emanciperà il popolo.
Come l’emancipazione non si fermò ai principi, così la secolarizzazione dei beni non si fermerà alla spoliazione delle chiese, che prima di tutti l’ipocrita Prussia ha messo in opera.
Allora la guerra dei contadini, il fatto più radicale della storia tedesca, si arrestò alla teologia. Oggi che la teologia stessa ha fatto naufragio, il fatto più servile della storia tedesca, il nostro status quo, andrà ad infrangersi contro la filosofia.
Il giorno prima della Riforma la Germania ufficiale era il servo più incondizionato di Roma. Il giorno prima della sua rivoluzione essa non è il servo più incondizionato di Roma, ma della Prussia e dell’Austria, dei nobiluzzi e dei filistei.
Ad una radicale rivoluzione tedesca sembra intanto che si opponga una prima difficoltà.
Le rivoluzioni hanno infatti bisogno di un elemento passivo, di una base materiale. La teoria si realizza in un popolo solo in quanto corrisponde alla realizzazione dei suoi bisogni. Ora, corrisponderà al contrasto enorme fra le richieste del pensiero tedesco e le risposte della realtà tedesca lo stsso contrasto nel seno della società borghese e fra questa società e lo Stato? I bisogni teorici diverranno subito pratici? Non basta che il pensiero spinga verso la realizzazione; la realtà deve spingersi verso il pensiero.
Ma la Germania non ha salito i gradini medi dell’emancipazione politica contemporanea ai popoli moderni. Gli stessi gradini, superati in teoria, non li ha ancora raggiunti in pratica. Come potrebbe passare con un “salto mortale” non solo al di sopra dei propri limiti, ma anche al di sopra dei limiti dei popoli moderni, sopra i limiti che in realtà deve sentire e bramare come liberazione dai suoi propri veri limiti? Una rivoluzione radicale non può essere che la rivoluzione di bisogni radicali, e per questa sembra che manchino le premesse e il terreno favorevole.
Se però la Germania ha accompagnato solo con l’astratta attività del suo pensiero l’evoluzione dei popoli moderni, senza partecipare alle vere lotte di questa evoluzione, d’altronde ha condiviso le sofferenze di questo sviluppo senza condividere le sue soddisfazioni e il suo parziale appagamento. All’attività astratta da una parte corrisponde dall’altra la sofferenza astratta. La Germania perciò si troverà un bel giorno al livello della decadenza europea prima di avere mai raggiunto il livello dell’emancipazione europea. Si potrà paragonarla a un adoratore di feticci, che langue per le malattie del cristianesimo...[...]

Qualcuno è venuto incontro alla nostra perplessità riguardo l'iniziativa di leggere il Capitale alla Biennale di Venezia, riassumendone in termini chiari le intenzioni (e le illusioni):

"... Che volto ha (il capitalismo) quando appare nelle nostre vite? Qual è la sua immagine? Bisogna riuscire a vedere accanto al dispendio di energia fisica anche l’organizzazione della produzione, il mondo del credito e della finanza che regola le politiche d’investimento, i mercati azionari, il circuito della logistica, la sfera della circolazione e il consumo etc. Bisogna vedere tutte queste cose in una sola immagine..."

Se è proprio questo ciò che si vuole, è allora probabile che tutti coloro che sono alla ricerca di questa unica e sola immagine, arrivati alla lettura del 48o capitolo della 7a sezione del 3o libro del Capitale potranno finalmente farsi una ragione di una tale loro vana ricerca:

"Se l'essenza delle cose e la loro forma fenomenica direttamente coincidessero, ogni scienza sarebbe superflua"...

dice precisamente qui Marx, prima di continuare a tirare le orecchie all'economia volgare.

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